Il generale Khalifa Haftar ha respinto la proposta di cessate il fuoco in Libia emersa dall’incontro di ieri a Istanbul tra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyp Erdogan. Lo ha annunciato il portavoce del sedicente Esercito nazionale libico, Ahmed al Mismari,. “Ringraziamo la Russia per il suo sostegno ma non possiamo smettere di combattere il terrorismo”, hanno riferito le fonti all‘Ansa. Stavolta l’uomo forte della Cirenaica si smarca dunque dall’abbraccio di Mosca, rifiutando la richiesta che era stata invece accolta da Fayez Sarraj, a capo del governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu.

In un comunicato il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna) aveva confermato di accogliere “con favore qualsiasi appello alla ripresa del processo politico e ad allontanare lo spettro della guerra, in conformità con l’Accordo politico libico e il sostegno alla Conferenza di Berlino patrocinata dalle Nazioni Unite“. Ma dalla Cirenaica è arrivato il no allo stop degli scontri “a partire dalla mezzanotte di domenica prossima”.

Sono stati intanto smentiti da forze vicine a Sarraj i raid aerei su Misurata – la più potente città libica alleata di Sarraj – di cui aveva parlato su Facebook l’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Haftar. Sarraj è sostenuto da Turchia, Qatar e comunità internazionale, mentre Haftar può contare sull’appoggio dei mercenari russi della Wagner (giù impiegati in Siria e nel Donbass), Egitto ed Emirati Arabi.

Le ambizioni di Russia e Turchia – L’Europa da mesi non riesce nemmeno a fissare una data per la sua conferenza di Berlino, che nei desiderata dovrebbe servire a mettere tutti intorno a un tavolo e risolvere le contese. Ai due uomini forti di Mosca e Ankara basta un incontro per sancire una possibile pax libica. L’intesa di mercoledì, dopo la spartizione di fatto messa a segno in Siria dalle due potenze, potrebbe ora preludere a un loro accresciuto potere anche nel Mediterraneo centrale. A discapito soprattutto di Italia e Francia, abituate fino a non molto tempo fa a esercitare la loro influenza al di là del Canale di Sicilia. Un ritorno a un passato glorioso e mai dimenticato per la Turchia, che alimenta così le ambizioni neo-ottomane di Erdogan. Il sultano di Ankara non perde occasione per ricordare ai turchi di “essere tornati nei luoghi dove i nostri antenati hanno scritto la storia”, prima della conquista coloniale italiana nel 1911. Una proiezione verso Ovest molto utile invece alla Russia per accrescere il suo peso nelle relazioni con l’Unione europea, per la quale la Libia rappresenta un’importante fonte di approvvigionamento di petrolio, oltre che la porta di accesso per i migranti.

Lo stallo dell’Unione europea – Gli stessi protagonisti dell’Unione europea si rendono conto della necessità di accelerare in fretta il ritmo della loro azione per non farsi estromettere e per non vedere ulteriormente affievolire il loro ruolo. “È importante essere parte della discussione, dobbiamo essere più attivi sullo scenario internazionale“, ammette il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Sabato sarà in Turchia ed Egitto per discutere del dossier. Mentre i ministri degli Esteri dell’Ue si incontreranno invece domani a Bruxelles per una riunione del Consiglio. In vista dell’appuntamento e reduce da un tour diplomatico in Nord Africa, il titolare della Farnesina Luigi Di Maio è tornato a denunciare le “interferenze da parte di Stati esterni” e ha invitato l’Ue a adottare un embargo sulle armi dirette verso la Libia.

Tutto ciò potrebbe essere reso ininfluente e superato dagli eventi se effettivamente dalla mezzanotte di domenica in Libia si smetterà di sparare. Intanto si continua a combattere. A Sirte, secondo le informazioni frammentarie e difficili da verificare che arrivano dal terreno, le forze del generale Khalifa Haftar hanno arrestato dei cittadini che nel 2016 aiutarono le milizie fedeli al premier Fayez al-Sarraj a scacciare i jihadisti dell’Isis dalla città. L’aeroporto di Tripoli Mitiga, l’unico funzionante nella capitale libica, è stato intanto oggetto di nuovi raid aerei da parte dell’aviazione di Haftar.

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