La direzione Pd ha affrontato il nodo della riforma elettorale, attualmente sul tavolo della maggioranza, e dato il via libera all’unanimità al “sistema proporzionale corretto”. Di fatto archiviando il maggioritario che da sempre punto di partenza per i democratici. Il segretario Nicola Zingaretti, parlando davanti all’assemblea, ha chiesto mandato per valutare “una legge proporzionale a un solo turno“, un “proporzionale corretto con adeguati sbarramenti, liste corte, parità di genere e l’ipotesi del voto per gli studenti fuori sede”. Obiettivo, ha detto il leader, è liberarsi del Rosatellum, “una legge elettorale pessima che non dà nessuna garanzia di stabilità e può portare squilibri”.

Secondo quanto riferito, sono stati tanti gli interventi a proposito nel corso della direzione. E il fronte a favore della proposta di Zingaretti è risultato molto ampio: da Dario Franceschini ad Andrea Orlando, Matteo Orfini, Gianni Cuperlo e Dario Parrini che siede al tavolo delle riunioni di maggioranza sulla legge elettorale. Solo ieri 12 dicembre, l’ultimo vertice al Senato si è chiuso con due modelli sul tavolo: proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento e un proporzionale simil spagnolo con soglia implicita circoscrizionale. È sulle soglie di fatto che la maggioranza giallorossa non riesce, però, a trovare la quadra con un risultato che chiude il perimetro ma non riesce a sancire l’accordo. Secondo quanto si apprende, dal vertice che si è svolto in Senato sulla prima ipotesi convergono Pd, Iv, M5s e Autonomie, contrario Leu. Mentre sulla seconda sarebbero favorevoli Pd, M5s, Leu e Autonomie, trovando l’opposizione di Italia Viva. Sui due sistemi le sensibilità tra i dem sono diverse ma “sono tecnicalita’. Il dato è che il Pd oggi si è spostato sul proporzionale”, dice un membro della Direzione.

Quanto ai temi di governo, diversi interventi in direzione hanno sollecitato un ‘orecchio’ attento alle piazze, dalle sardine a quella del mondo del lavoro martedì scorso in piazza Santi Apostoli. Maurizio Martina, nel suo discorso, ha dichiarato che quelle piazze “pongono al Pd prima di tutto il compito di muoversi e cambiare per accogliere queste spinte di nuova partecipazione civile“. Mentre Piero Fassino ha osservato: “Non possiamo affidare tutto al governo. Gli appuntamenti indicati da Zingaretti nella sua relazione sono preziosi, per reggere e rilanciare profilo riformista partito”. Il riferimento è all’appuntamento annunciato dal segretario per gennaio in vista della “verifica” di governo: il Pd deve “iniziare l’anno politico con un appuntamento di confronto e una discussione con i gruppi dirigenti, la delegazione di governo, i gruppi parlamentari, gli amministratori per costruire la nostra proposta del 2020″.

Per il fronte “maggioritarista” è intervenuta Lia Quartapelle che oggi ha firmato, insieme a Enrico Morando e Giorgio Gori, una lettera al Corriere della Sera per rilanciare il sistema dei sindaci a doppio turno. Modello sostenuto in queste settimane dal Pd al tavolo con gli alleati, ma in solitudine. “Proporre la legge dei sindaci significa di fatto pensare a una riforma presidenziale. Esattamente come chiede Salvini. Penso non avrebbe senso. E se abbiamo fatto un governo per evitare che una minoranza avesse i pieni poteri, sarebbe assurdo oggi immaginare una legge elettorale che porta a quell’esito, a prescindere da chi vince”.

Dario Parrini ha invece ribadito la necessità di mediare e di arrivare a una soluzione che “garantisca” comunque la stabilità, nonostante sia diversa da quanto il Pd si è sempre prefissato. “Sulla legge elettorale bisogna capire se accettiamo lo stato dell’arte con una legge elettorale pessima, assurda e pericolosa. Il Pd ha fatto una battaglia per il doppio turno, legge che prevede che le alleanze si dichiarino prima del voto. Se però non è possibile fare una legge elettorale, visti i numeri in Parlamento, che preveda che si dichiarino alleanze prima del voto, almeno dobbiamo evitare che si faccia una legge elettorale che impedisca dopo il voto la formazioni di maggioranze stabili”.

Una delle intenzioni della maggioranza ora è allargare la discussione ai partiti del centrodestra, per trovare una maggioranza più ampia su una delle due possibilità e coinvolgere così anche le opposizioni. “Per permettere un confronto ancora più aperto e sciogliere gli ultimi nodi, le proposte saranno valutate la settimana prossima, facendo un passaggio anche con le opposizioni”, ha detto nelle scorse ore il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà. “Abbiamo raggiunto un ampio consenso, ma non l’unanimità”, è stato invece il commento di Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera. “Mi occuperò io della convocazione, chiedendo loro di indicarci un referente. Ci vedremo qui in forma molto più ristretta di quella che vedete in questa sede”.

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