Nicola Zingaretti chiede ai suoi parlamentari di mettere in agenda lo Ius soli. L’alleato di governo si dice “sconcertato”: bisogna prima pensare al Paese che è sott’acqua. Scontro a distanza tra il Partito democratico e il Movimento 5 stelle sul diritto di cittadinanza per i nati sul suolo italiano. A mettere sul tavolo l’argomento è stato il segretario del Pd, che dalla convention di Bologna ha lanciato un messaggio al premier: “Io lo dico al presidente del Consiglio Giuseppe Conte: prepariamo una nuova agenda per questo governo, figlia degli accordi ma anche delle esigenze dell’Italia”. Cosa deve esserci in questa agenda? “Chiederemo con i gruppi parlamentari che si metta in agenda lo ius culturae e lo ius soli come scelta di campo del Pd”. Zingaretti ha quindi dettato quelle che devono essere le priorità del suo partito: “Ci battiamo perché al più presto si rivedano i decreti Salvini, dentro questo governo come scelta di campo. Ci batteremo con i gruppi parlamentari per far approvare lo ius culturae e ius soli, certo che lo faremo. Faremo una legge per parità salariale tra donne e uomini“. Obiettivi poi ripetuti con un post su facebook.

Scontro col M5s – Mettere sul tavolo lo Ius Soli in questo momento, però, è stata una scelta che provocato la reazione dei 5 stelle. Fonti del Movimento di Luigi Di Maio hanno infatti fatto filtrare il loro disappunto per la proposta di Zingaretti: “C’è mezzo paese sott’acqua e uno pensa allo ius soli? Siamo sconcertati. Preoccupiamoci delle famiglie in difficoltà, del lavoro, delle imprese. Pensiamo al Paese, già abbiamo avuto uno che per un anno e mezzo ha fatto solo campagna elettorale. Noi vogliamo pensare a lavorare”. A stretto giro è arrivata la replica di Andrea Orlando, vicesegretario del Pd: “A molti esponenti dei 5Stelle sembrerà impossibile. Ma noi riusciamo a pensare anche due cose nello stessa giornata”. Per certificare il disappunto dei 5 stelle, però, è intervenuto nel tardo pomeriggio direttamente Di Maio: “Col maltempo che flagella l’Italia, il futuro di undicimila lavoratori a Taranto in discussione, qui si parla di ius soli: io sono sconcertato. Siamo al governo per governare e non per lanciare slogan o fare campagna elettorale”. Per quanto riguarda i decreti sicurezza il capo politico dei 5 stelle ha sottolineato che “nel programma di governo c’è scritto che noi accoglieremo le osservazioni del presidente della Repubblica, in questo momento però io vedo che i cittadini ci stanno chiedendo di affrontare delle emergenze”.

Il nuovo statuto – L’obiettivo della kermesse dem nel capoluogo emiliano, però, non era aprire una polemica con l’alleato di governo. L’assemblea nazionale del Pd, infatti, ha varato la riforma dello statuto nel testo base elaborato dalla commissione: 566 voti favorevoli, un voto contrario e 5 astenuti. Non sono stati presentati emendamenti e quindi non c’è stata un’ulteriore votazione dei delegati, che avevano in precedenza già votato per l’adozione del testo: “Dopo 12 anni approvata la riforma dello statuto del Pd. Ora un partito più aperto alle persone, più forza ai circoli e ai territori, ai sindaci, ai circoli tematici e più opportunità di partecipazione con i punti Pd. Per essere utili all’Italia”, ha detto Zingaretti. Tra le novità fondamentali delle nuove regole dei dem è la scomparsa dell’automatismo tra la carica di segretario e quella di candidato premier. E poi l’esplicita natura “antifascista” del partito.

L’ombra dell’ex segretario – L’assemblea del partito arriva in una fase delicata: da una parte c’è la Lega di Matteo Salvini che punta a scippare al centrosinistra l’Emilia Romagna alle regionali di gennaio; dall’altra c’è Matteo Renzi, scissionista estremamente critico con i dem, ma comunque formale alleato di governo. Sarà per questa fastidiosa doppia natura – ex eleader, scisssionista e nemico ma ancora alleato – che l’ex premier viene evocato più volte a Bologna. Lo hanno fatto gli ex fedelissimi come Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, ma anche il suo successore sulla poltrona più alta del Nazareno: Nicola Zingaretti.

“Chi combatte il Pd si scava la fossa” – “Ho vissuto la scissione come una lacerazione molto profonda, un attacco alla nostra comunità, l’ho detto quando l’abbiamo subita da una parte e lo dico ora che l’abbiamo subita da un’altra parte. La scissione indebolisce il centrosinistra e aiuta la destra, quando la sinistra si divide chi ne beneficia è solo la destra”, dice il ministro della Difesa. “Chi ci ha abbandonato perde una grande occasione, per se stesso e per il proprio Paese, perché per costruire il futuro non si distrugge il passato”, ha sostenuto il capogruppo Pd alla Camera. Più netto, invece, il segretario: “Non si illudano, chi combatte il Pd per rosicare consenso si scava la fossa per sé e per il centrosinistra italiano. Il Pd resterà comunque il pilastro della risposta alla risorgente destra”, ha detto Zingaretti. E chi è che nelle ultime settimane ha dichiaratamente lanciato la corsa ai voti dem? Ma Renzi ovviamente.

“Pd contro umori neri del Paese” – Stessa storia quando Zingaretti mette tra gli obiettivi “una legge per la parità di salario tra uomini e donne” che “non serve per mettere una bandierina con una intervista sui giornali. Ci vuole serietà e non comizi se vogliamo cambiare l’Italia”. Chi è che aveva dichiarato in un’intervista al Quotidiano Nazionale che “il femminismo non fa parte della tradizione da cui provengo” e che intende spingere per una legge sulla “parità nelle retribuzioni“? Ma ovviamente sempre lui, il leader di Italia Viva. Che alla fine, probabilmente, colleziona più citazioni da parte dei suoi ex compagni rispetto a quelle riservate dai dem a Salvini. “La missione del Pd è quella di mettersi al servizio per contrastare la decadenza del Paese e gli umori neri che ci sono, perché oggi dobbiamo assistere allo sconcio delle minacce alla Segre. Vergognatevi!”, ha concesso Zingaretti rivolgendo all’altro Matteo, quello della Lega.

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