Diritti

Roma, la prof transessuale licenziata dopo nove giorni di lezione: “Pronta a fare causa per discriminazione”

Giovanna Cristina Vivinetto era stata licenziata dopo 9 giorni di lezione dalla scuola "Kennedy" della capitale. Ora lancia una petizione su change.org e promette battaglia per vedere riconosciuta la discriminazione

“Andrò fino in fondo. Son pronta a fare causa alla scuola per discriminazione di genere”. A parlare è Giovanna Cristina Vivinetto, la professoressa transessuale 25enne licenziata dall’istituto paritario “Kennedy” di Roma dopo nove giorni di lezione. A convincere la professoressa, vincitrice del premio “Viareggio” opera prima per la poesia, sarebbe la testimonianza di due ex colleghi universitari che hanno svolto un colloquio di assunzione nella stessa scuola. “Il giorno dopo il mio allontanamento – racconta la giovane – ci sono stati subito nuovi colloqui per sostituirmi e il caso ha voluto che uno dei candidati fosse un mio collega universitario. Dopo l’incontro mi ha contattato via Facebook raccontandomi che la proprietaria della scuola si era lamentata che lui avesse un piercing e ha motivato la sua esclusione dicendo che “nella scuola ci sono molte famiglie ricche e bigotte, tanto che abbiamo dovuto anche licenziare Giovanna Vivinetto, perché transessuale”.

Parole che la professoressa ha registrato ed è pronta a mettere agli atti per dimostrare che non è stata licenziata per incapacità professionale, come giustificato inizialmente dalla scuola, ma per una questione di genere. Non solo. “Hanno comunque anche screditato la mia immagine sia di insegnante sia di scrittrice e dovranno rispondere anche di questo. In queste settimane i ragazzi mi hanno manifestato la loro solidarietà e nessuno ha parlato male del mio modo d’insegnare. Non capisco come abbiano potuto giudicare la mia didattica in pochi giorni”.

Nei giorni scorsi Giovanna ha lanciato anche una petizione su change.org che ha raggiunto in pochi giorni quasi 15mila firme. L’appello lanciato è rivolto al ministro Fioramonti e alle organizzazioni sindacali: “Mi rivolgo innanzitutto alla scuola nel tentativo di una saggia presa di coscienza circa l’errore commesso in modo da poter correggere il tiro e risolvere il problema prima di dover arrivare in tribunale e, in tal caso, dover rispondere ad un giudice del lavoro. Mi rivolgo alle associazioni LGBT e a tutte le realtà che tutelano le minoranze in difficoltà, per creare una maggiore e capillare sensibilizzazione in merito alla tematica della discriminazione in contesto lavorativo. Mi rivolgo ai sindacati affinché simili incomprensibili ambiguità non avvengano più nei luoghi di lavoro e affinché possano fare chiarezza indagando su questo caso increscioso e assurdo, analizzando tutti i contratti di lavoro stipulati nella scuola con gli altri docenti”.

Infine la professoressa si appella a Lorenzo Fioramonti “poiché possa prendersi carico di questa vicenda rappresentativa di molte altre e avvii un’ispezione in tutte quelle scuole che assumono docenti con contratti poco chiari, mettendo poi in atto dinamiche oscure e spesso illegittime per licenziarli”.