In questi giorni un collega psichiatra mio coetaneo, con cui ho collaborato presso l’Università di Modena circa 40 anni or sono, è stato insignito del ruolo più importante per la nostra professione negli Usa e nel mondo. Auguro al Prof. Maurizio Fava, ora alla guida della facoltà di psichiatria di Harvard, i migliori successi nella ricerca scientifica. Questa notizia mi ha fatto molto piacere perché dimostra che la preparazione scientifica degli italiani è di primo ordine: se coniugata ai mezzi che i centri americani riescono ad ottenere, porta a rilevanti risultati.

La riflessione sui cambiamenti in questi 40 anni di psichiatria e psicologia mi è venuta spontanea ripensando a quelli che erano le nostre ambizioni, illusioni e obiettivi di allora.

Alla fine degli anni 80 eravamo convinti che avremmo scoperto come curare tutte le principali patologie mentali. In quegli anni si pensava che nuove tecniche di psicoterapia breve sistemico-relazionale sulla famiglia o psicoanalitiche avrebbero avuto grandi sviluppi. Anche la cosiddetta psichiatria sociale avrebbe cambiato il modo di vedere il malato nella società, permettendo un’integrazione delle gravi patologie schizofreniche nella società.

I risultati di questi 40 anni mostrano luci e ombre. In ambito farmacologico, nuovi farmaci hanno affinato la nostra possibilità di intervento con risultati ottimi su varie patologie, ma siamo ben lontani dalla soluzione delle principali malattie che affliggono il 30% della popolazione.

Anche in campo psicoterapeutico, l’illusione che tutto si potesse curare in breve tempo con tecniche miracolose ha lasciato il posto alla consapevolezza che solamente il lavoro lungo anni e continuativo può portare a cambiamenti rilevanti. Si sono sviluppate molto le terapie cognitivo-comportamentali che offrono sollievo alle persone sofferenti, ma senza ottenere risultati definitivi.

In campo psicologico e psichiatrico c’è ancora molto da lavorare e da studiare. Ripensandoci, dopo 40 anni di lavoro svolti in questo settore, sono in parte contento che le nostre speranze siano state disattese. La possibilità di manipolare la mente, sia con farmaci che con psicoterapie, potrebbe essere molto pericolosa, se esportata in altri settori.

Infatti, non appena una nuova tecnica psicologica viene affinata, ecco che il sistema dei consumi, della manipolazione politica e culturale se ne impossessa per indurre le persone a comprare un prodotto o a votare per una persona. Per fare un esempio noto a molti: gli studi di Pavlov, studioso russo dei primi del 900 sul riflesso condizionato, hanno influenzato la pubblicità, la quale ha imparato ad associare i suoi prodotti a stimoli incondizionati che piacciono a tutti e che, per associazione, inducono a comperare l’oggetto della pubblicità. Anche i leader politici ora utilizzano a piene mani i meccanismi studiati dalla psicologia per rendersi appetibili sul mercato del voto.

Quindi per i pazienti è una sfortuna che non ci siano quelle tecniche o quei farmaci che noi giovani medici ci illudevamo di scoprire, ma per la società questa mancanza risulta forse una fortuna.

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