Si fa presto a dire “elettrificazione”. Ultimamente questo termine è divenuto particolarmente in voga in campo automobilistico a sottolineare tutta una serie di soluzioni tecniche volte a migliorare l’efficienza e ridurre le emissioni inquinanti. Tuttavia, non tutte le tecnologie elettrificate hanno la stessa valenza e la differenza di prezzo fra l’una e l’altra può essere siderale. Ecco quindi una rassegna di ciò che offrono i fabbricanti d’auto.

Alla base dell’offerta elettrificata figura il “Mild-Hybrid”, altresì detto ibrido leggero, tanto in termini di componentistica utilizzata quanto di prezzo finale per il cliente. I veicoli che propongono questa tecnologia presentano un motore elettrico (e relativa batteria) di dimensioni particolarmente contenute, che ha prevalentemente il compito di supportare l’unità endotermica principale, sia essa diesel o benzina: pertanto, va specificato che l’elettromotore delle “mild”, in genere a 48 volt, non è in grado di muovere l’auto in modalità puramente elettrica.

L’unità a zero emissioni è collegata direttamente all’albero motore e alimentato da un accumulatore che si ricarica con l’energia generata durante le frenate e le decelerazioni e la restituisce in fase di accelerazione, contribuendo a limitare consumi ed emissioni. In Italia, le “mild hybrid” sono assimilate in tutto alle ibride, e dunque godono degli stessi vantaggi fiscali e normativi (sosta gratis sulle strisce blu e accesso alle ZTL). Esempi di modelli mild hybrid sono vetture come Suzuki Ignis e Swift, proposte con prezzi a partire da 15.700 euro. Secondo alcune stime di mercato di IHS Automotive, nel 2025 le mild hybrid conteranno per il 18% del mercato europeo, il triplo delle ibride plug-in, e 6 volte la quota delle ibride e delle elettriche.

Più complesso e costoso è il “Full-Hybrid”, che abbina un motore termico a uno elettrico collegato a un generatore/alternatore e alla batteria. Il motore elettrico interviene in aiuto del termico quando il guidatore richiede il massimo spunto o in fase di partenza da fermo, e tendenzialmente si disattiva quando la velocità sale – magari in autostrada – e diventa costante. Molte ibride sono in grado di mettere in movimento il veicolo con la sola spinta dell’elettrico e ciò ha chiari benefici in termini di efficienza, consentendo di risparmiare all’unità termica la fase più critica in termini di consumo, quella di partenza appunto.

Il funzionamento dell’ibrido Full è garantito dal recupero dell’energia nelle fasi di decelerazione, la stessa che viene accumulata nelle batterie e rispesa quando necessario. È possibile ottenere il meglio di questa soluzione in città, scenario dove le continue frenate e ripartenze consentono di far funzionare al meglio il sistema, che invece diventa meno determinante su strade a scorrimento veloce e perde quasi del tutto di significato in autostrada. Le Full Hybrid possono anche marciare in modalità puramente elettrica, ma solo per un paio di chilometri. Alcune fra le ibride Full più popolari sono le Toyota Yaris e C-HR, offerte con prezzi a partire da poco meno di 20 mila euro (ma molto spesso in promozione).

Molto simili alle Full Hybrid sono le “Plug-in Hybrid”: in questo caso a fare la differenza è la maggiore capacità del pacco batterie, che può essere anche ricaricato tramite una presa di corrente esterna – cosa che non si può fare con le ibride Full – e che sono in grado di percorrere fino a circa 50 km in modalità 100% elettrica; a patto di non superare le velocità autostradali e non essere troppo irruenti sull’acceleratore.

Il rovescio della medaglia è che il peso complessivo del veicolo aumenta, come pure il prezzo finale per l’utente. Senza contare che i reali vantaggi del plug-in si godono solo se si ha la disponibilità di infrastrutture di ricarica per le batterie. Esempi di ibride plug-in sono la Toyota Prius Plug-in, la Mini Countryman Plug-in o la Volkswagen Golf GTE, offerte a partire da circa 40 mila euro.

Infine, la tecnologia 100% elettrica: in questo caso il motore termico e il relativo serbatoio lasciano posto a una meccanica composta esclusivamente da un propulsore a zero emissioni e relativa batteria, che diventa di dimensioni estremamente cospicue, facendo lievitare esponenzialmente il prezzo finale per il cliente. In alternativa a quello a batteria esiste l’elettrico che sfrutta le fuel cell, le celle a combustibile: queste ultime, tramite una reazione elettrochimica, permettono di ottenere elettricità a partire da idrogeno e ossigeno.

I vantaggi delle elettriche sono il grande spunto in accelerazione e l’intrinseca silenziosità di marcia. Tuttavia l’infrastruttura di ricarica è ancora limitata (quella di idrogeno è pressoché inesistente), così come l’autonomia media, mentre i prezzi rimangono ancora molto alti. Basti pensare che la Nissan Leaf con batteria da 62 kWh e 385 km di autonomia, l’elettrica più venduta al mondo, costa circa 45 mila euro. Si risparmia qualcosa con la Hyundai Kona Electric, offerta a 37.500 euro con batteria da 39 kWh e 312 km di autonomia (ne esiste una versione da 64 kWh e 482 km, con prezzo di 42.500 euro). Più trendy la DS3 Crossback E-Tense: 430 km di autonomia per 40 mila euro.

Articolo Precedente

Renault e-Plein Air, il prototipo vintage a batteria che rende omaggio alla R4

next
Articolo Successivo

Auto elettriche, sono troppo costose e negli Usa non si vendono. Crolla il prezzo del litio

next