Nel processo di Milano sul caso Eni/Shell-Nigeria potrebbe essere depositata agli atti una registrazione audio-video in cui l’imputato Vincenzo Armanna, ex manager Eni licenziato nel 2013 sotto processo e grande accusatore dei principali coimputati, il 28 luglio del 2014 dice ai suoi interlocutori di ‘adoperarsi’ perché “arrivi un avviso di garanzia” ad alcuni suoi ex colleghi “perché sono coinvolti sulla 245”, Opl 245 il blocco petrolifero al centro del dibattimento per corruzione internazionale. A segnalare al Tribunale l’esistenza di questa intercettazione è stato uno dei difensori nel corso del controesame di Armanna il quale proprio ieri nel suo interrogatorio ha denunciato presunti “avvicinamenti” datati primavera 2016 da parte dell’ex avvocato esterno del gruppo petrolifero Piero Amara e di un top manager per farlo ritrattare in cambio di una riassunzione. La registrazione del 28 luglio 2014 è finita nel fascicolo milanese sul cosiddetto complotto dopo una trasmissione da altra autorità giudiziaria, ma non è presente negli atti di questo.

La discussione tra accusa e difesa ha riguardato anche la relazione della polizia giudiziaria – che è stata depositata dalla procura di Milano – in cui si legge come  Amara, arrestato, indagato dalle Procure di Roma, Messina e Milano, “si interfacci anche per questioni che, apparentemente, esulavano dai normali contesti professionali” con Massimo Mantovani, ex capo ufficio legale del gruppo pure lui indagato nelle indagini sul falso complotto e depistaggi – “Armanna chiede ad Amara se riescono a cambiare il capo della Nigeria (Ciro Antonio Pagano). Armanna dice che è un uomo di assoluta fiducia di Casula”, allora responsabile Eni per le attività operative e di business per l’Africa sub sahariana, con base in Nigeria. A questo punto Amara chiede “se hanno rilevanza nell’operazione” e l’altro risponde: “Sì… possono creare un casino locale micidiale…“.

La registrazione, con il consenso del pm titolare del fascicolo, è stata messa a disposizione di tutti gli imputati e domani i legali potranno porre le domande ad Armanna. Che nell’udienza di lunedì ha raccontato al Tribunale, presieduto da Marco Tremolada, dei presunti tentativi da parte di Piero Amara, un tempo avvocato esterno dell’Eni arrestato e indagato dalle Procure di Roma, Messina e Milano, e di Claudio Granata, top manager del gruppo petrolifero, di convincerlo a ritrattare dopo che nell’aprile 2016 aveva reso interrogatori ai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. In sostanza ha confermato quanto raccontato dallo stesso Amara in una memoria agli atti dell’indagine milanese sul cosiddetto ‘finto complotto’ e nella quale è stato messo nero su bianco quello che è stato battezzato come “il patto della Rinascente”. Vicenda sulla quale la stessa Eni la scorsa settimana ha denunciato il suo ex legale esterno – cui sono stati chiesti 30 milioni di euro – ed altre persone e che, tramite un suo portavoce, ha smentito categoricamente.

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