Cosa induce una donna di trentacinque anni, laureata in Giurisprudenza ed eletta da un anno al Parlamento italiano ad opporsi in modo categorico alla grammatica, dimostrando, davanti a tutto il paese che sta guidando come sua rappresentante, di ignorare un livello di base della lingua? Stiamo (purtroppo) parlando della parlamentare eletta nelle file di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli, che nei giorni scorsi si è resa protagonista di un siparietto surreale ripreso dalla stampa.

Il presidente della Camera, Roberto Fico, le ha dato la parola durante il dibattito chiamandola “deputata” (qualche lei è) ma l’onorevole ha esordito così: “Le chiederei, anche per le prossime volte, di chiamarmi ‘deputato’ e non ‘deputata’. In questo mondo arcobaleno dove tutti possono definirsi come vogliono io posso avere ancora il diritto di autodefinirmi ‘deputato’ fino a quando, almeno, la Camera dei deputati rimarrà la Camera dei deputati e non la Camera dei deputati e delle deputate o la Camera dei ‘deputat’ con l’asterisco”.

Ben due applausi, nel corso della sua breve virile esternazione, scattano da parte del collega seduto accanto alla parlamentare, mentre lui la guarda ammirato per il coraggio e la fermezza.

Ora: è chiaro che il combattivo fratello Augusta ha voluto polemicamente marcare la sua distanza dalle scellerate abitudini sinistrorse e sospettosamente queer del presidente della Camera, notoriamente infettato dal virus femminista inoculatogli dalla ex presidente Boldrini, una delle peggiori calamità occorse al paese negli ultimi anni.

E’ curioso, però, che sul suo sito Montaruli titoli le sezioni delle passioni private e politiche che rende pubbliche definendosi “pellegrina” e “italiana” militante, seguendo quindi correttamente la regola grammaticale appresa in prima elementare, secondo la quale, esistendo un genere femminile e uno maschile declinabile nei nomi, negli aggettivi e nei pronomi: se ti chiami Augusta puoi essere postina, avvocata, deputata, ministra, maestra, aviatrice, biologa, medica, disoccupata, bella, innamorata, annoiata, stupida; mentre se ti chiami Augusto tutto quanto scritto sopra cambia solo per una piccola, ma significativa variante: la vocale o al posto della finale a. Persino nella lingua latina esistono la parola “advocata” (locuzione con cui si invoca la madonna!) e “deputata”, ma Montaruli era distratta quando in classe hanno dato quelle pagine da studiare.

L’idiosincrasia per il femminile, declinato in particolare quando i nomi descrivono i ruoli di potere e di rappresentanza incarnati da donne, non è cosa nuova né rara. Probabilmente Montaruli sarà felice di condividere la sua visione a favore del maschile che ingloba il femminile, facendolo scomparire, con un autorevole veterano della politica italiana: nientemeno che l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, un comunista ultra novantenne, che due anni fa definì pubblicamente abominio i termini sindaca e ministra.

La cosa triste è che una donna giovane, arrivata al massimo livello della rappresentanza proprio grazie alle lotte delle donne delle precedenti generazioni che hanno chiesto visibilità e contezza del femminile, dalla lingua alla politica al mondo del lavoro, affermi con fierezza il suo neutralizzarsi, negando gli ultimi settanta anni di storia italiana e facendo, pure, uno strafalcione grammaticale.

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