Dare un porto sicuro alla Sea Watch 3. Un porto da indicare “tempestivamente” e che possa essere raggiunto in tempi rapidi. Il Consiglio d’Europa, nel giorno in cui diffonde il documento sulla protezione di rifugiati e migranti nel Mediterraneo, mette al centro il caso della nave della ong tedesca bloccata al limite delle acque territoriali italiane in attesa di ricevere indicazioni sullo sbarco dei migranti salvati l’11 giugno. A bordo, dopo lo sbarco di 10 migranti autorizzato dal Viminale, restano 43 persone, tra cui tre minori di cui uno con meno di 12 anni.

Il Consiglio d’Europa si rivolge direttamente all’Italia e in particolare a Matteo Salvini, che ha accusato la Sea Watch di avere “disobbedito” dopo avere ricevuto il via libera allo sbarco da parte della Libia. “I migranti salvati in mare non dovrebbero mai essere sbarcati in Libia, perché i fatti dimostrano che non è un Paese sicuro”, spiega Dunja Mijatovic, responsabile dell’organizzazione per i diritti umani, che si dice “preoccupata per l’atteggiamento del governo italiano nei confronti delle ong che conducono operazioni di salvataggio nel Mediterraneo“. Mijatovic aggiunge poi che “si deve mettere fine alla politica di chiudere i porti per tutte le ong, di proibire la navigazione in acque territoriali o in certe aree in quelle internazionali“. Proprio riferendosi poi alle sanzioni previste dal decreto Sicurezza bis per le imbarcazioni private che potrebbero essere impegnate in operazioni di salvataggio nel Mediterraneo si dice “seriamente preoccupata per l’impatto che alcune parti” del provvedimento “potrebbero avere sulla vita delle persone che necessitano di essere salvate in mare”.

Anche la Libia è al centro delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa: gli Stati membri Ue devono sospendere ogni collaborazione col Paese finché non sarà provato che non sono violati i diritti umani delle persone sbarcate sulle sue coste. La commissaria specifica poi che la responsabilità per le operazioni di ricerca e salvataggio, gli sbarchi e l’accoglienza delle persone soccorse deve essere condivisa tra tutti gli Stati membri della Ue e non demandata unicamente a quelli costieri. Evidenziando l’importanza del giusto equilibrio tra il diritto di controllare i confini e il dovere di proteggere le vite e i diritti delle persone soccorse nel Mediterraneo.

Intanto la Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo d’inchiesta sul caso della Sea Watch 3 che da sei giorni è al confine delle acque territoriali italiane, a 16 miglia circa da Lampedusa (Agrigento). Il procuratore aggiunto, Salvatore Vella, nel fascicolo – a carico di ignoti – ha ipotizzato il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nei giorni scorsi, il Viminale aveva dato l’autorizzazione allo sbarco di 10 delle 53 persone a bordo, fra cui immigrati che stavano male e bimbi in fasce.

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