“L’Estonia è un Paese pragmatico, che guarda al futuro. Con la mia carta d’identità elettronica posso fare tutto, pago le tasse, do i voti ai miei studenti, ho le ricette del medico, l’abbonamento dell’autobus, siglo i documenti con la firma digitale”. Benvenuti in Estonia, la Silicon Valley d’Europa. Stefano Braghiroli, 38 anni originario di Modena, dal 2012 lavora all’Università di Tartu. In Estonia ha trovato un Paese che guarda al futuro: “La vita è tranquilla, ma soprattutto senza complicazioni: al contrario dell’Italia, qui lo Stato fa di tutto per trovare la soluzione più semplice”.

Con una laurea all’Università di Bologna e una passione per gli studi europei, vince un dottorato internazionale di ricerca all’Università di Siena in “Comparative and European Politics”. Dopo, la grande domanda: e adesso? “Per un ricercatore lavorare spesso significa emigrare. In Italia il sistema non è sempre trasparente e meritocratico”. Dopo dieci mesi in Norvegia, vince una borsa di ricerca europea “Marie Curie” presso il “Centre for EU-Russia Studies” dell’Università di Tartu, in Estonia.

Per un ricercatore lavorare spesso significa emigrare. In Italia il sistema non è sempre trasparente e meritocratico

“Sono stato colpito dall’accoglienza che ho ricevuto, qui l’università non ti tratta come un numero e dà una fiducia che è difficile immaginare in Italia“. Nel 2014 arriva il primo contratto, da lettore in studi europei, nel 2016 il tempo indeterminato come assistant professor e direttore del programma di master in “European Union – Russia Studies”. “In sette anni mi ha dato tanto, adesso è un Paese che chiamo casa”. L’Estonia, Paese baltico che ha riguadagnato l’indipendenza dal regime sovietico nel 1991, oggi viene definita la “Silicon Valley d’Europa”: il 95% delle persone fa la dichiarazione dei redditi elettronica, il 30% usa il voto digitale. Nessuna sorpresa che Skype sia stato messo a punto qui, e che la capitale Tallinn ospiti il centro Nato per la cyber-difesa.

Sicuramente l’ingresso nel mercato unico e nell’eurozona hanno aiutato il “miracolo estone”; sta di fatto che oggi il debito pubblico è al 7%, l’economia cresce e da qualche anno l’Estonia è passata da essere un Paese di emigrazione ad uno di immigrazione. “Il 35% dello staff in università viene da altri Paesi – conferma Stefano – la lingua di lavoro è l’inglese”. La comunità italiana in Estonia non è grande (426 persone iscritte all’Aire, il registro degli italiani all’estero) ma è in crescita. “L’Italia è particolarmente apprezzata dagli estoni, qui tutti conoscono Celentano e Toto Cutugno“.

La cosa che più lo ha colpito è l’atteggiamento di un Paese che ha saputo cavalcare in modo furbo la rivoluzione digitale: “Tutti i cittadini dalla nascita hanno un’identità digitale che da accesso a tutti i servizi tramite id card o dalla sim del telefono”. Molti Paesi, inclusa l’Italia, hanno una carta d’identità di plastica con un chip “ma l’Estonia è stata pioniera dal punto di vista legislativo: già nei primi anni 2000 ha equiparato per legge la firma digitale e firma su carta”. Nel 2005 ha introdotto il voto elettronico, che permette di votare anche a chi è fisicamente impossibilitato a recarsi ai seggi: studenti fuori sede, malati, o semplicemente chi è in viaggio. “Puoi essere in cima all’Everest, l’importante è avere l’ID card con te”, spiega Stefano. Per scongiurare i brogli e la compravendita dei voti, è stata elaborata una soluzione semplice ma efficace: “Tu puoi votare anche cento volte, ma l’unico voto che viene registrato è l’ultimo. Quindi se vuoi corrompermi per votare conservatore, ad esempio, io intascherò i soldi e poi a casa voterò per i riformisti. Questo toglie qualunque interesse”. Ma non c’è un rischio di furto di identità? “Nessun sistema è sicuro al 100%, ma è molto più semplice corrompere un individuo che un computer“. Non per nulla, è il diciottesimo Paese meno corrotto al mondo secondo Transparency International.

Tutti i cittadini dalla nascita hanno un’identità digitale che da accesso a tutti i servizi tramite id card o dalla sim del telefono

Nell’esperienza di Stefano i vantaggi superano di gran lunga gli svantaggi: molte meno lungaggini, nessun rimbalzo da uno sportello all’altro. Racconta di quando ha provato a chiudere il suo conto corrente in Italia: “Prima mi hanno chiesto di tornare a gennaio, passato il periodo delle vacanze natalizie, poi è iniziata una trafila infinita di visite in filiale, informazioni discordanti, richieste di pagamenti. Alla fine si risolve con una raccomandata con ricevuta di ritorno, ma non sono sicuro di esserci riuscito: in Estonia prendo il telefono, entro nell’app della banca, clicco su “sei sicuro?” e in cinque minuti risolvo”. Tornare a lavorare in Italia per il momento è fuori questione. Qui ha incontrato la sua compagna, Anna, originaria della Lettonia che lavora come project manager per l’e-learning nel suo stesso istituto: “Qui pensiamo di far crescere la nostra famiglia. Certo, mi mancano alcune cose del mio Paese, il calore umano, il cibo, i miei affetti. Ma ogni volta che torno mi rendo conto del gap abissale tra le due realtà: l’Estonia guarda al futuro, noi siamo radicati nel passato”.

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