Condanna all’ergastolo e 18 mesi di isolamento diurno per Innocent Oseghale, il pusher nigeriano imputato nel processo davanti alla Corte di Assise di Macerata per la morte di Pamela Mastropietro. I giudici, dopo cinque di camera di consiglio, hanno emesso la sentenza. L’unico imputato era accusato di omicidio, vilipendio di cadavere e violenza sessuale. I resti della 18enne romana furono trovati in un trolley. Alla lettura della sentenza tra il pubblico dei parenti e degli amici della ragazza è partito un applauso. Il presidente della Corte ha subito richiamato al silenzio i presenti per proseguire la lettura del dispositivo. I genitori di Pamela si sono abbracciati. La mamma della vittima: “Giustizia è fatta ora tocca agli altri”. “Ero ottimista, è stata fatta giustizia – dice Stefano Mastropietro, padre di Pamela -. Ci sono sempre stato in aula, ero dietro il sipario. Non auguro a nessuno quello che abbiamo passato in questo periodo. Ascoltare i dettagli al processo? È stato molto difficile. Ora bisogna andare avanti e farsi coraggio”.

Il procuratore: “Avevamo chiesto l’ergastolo ed ergastolo è stato” il primo commento del procuratore di Macerata Giovanni Giorgio che ha ringraziato i collaboratori della Procura, i magistrati, gli avvocati, anche quelli della difesa. “È stato un lavoro duro c’è stata tanta pressione mediatica, ma noi abbiamo cercato sempre di tenere i piedi per terra”. Il procuratore ha citato anche un altro processo complesso: quello di Luca Traini, l’autore dei raid a colpi di pistola contro i migranti per ‘vendicare’ Pamela condannato a 12 anni di carcere pochi mesi fa. La vicenda Oseghale comunque non è finita, “questa è solo una prima tappa, probabilmente ci sarà un ricorso in appello e forse la Cassazione…. Per me la cosa importante era arrivare a una sentenza in termini ragionevoli, in un anno e mezzo, questo è motivo di soddisfazione. Riteniamo – ha risposto ai giornalisti che chiedevano conto degli altri due indagati iniziali – di aver individuato Oseghale come unico responsabile di quanto accaduto; possiamo aver sbagliato, però, ma non abbiamo ritenuto che vi fossero elementi a carico degli altri due che avevamo coinvolto per l’omicidio. Poi ci siamo convinti che non c’erano responsabilità da parte loro. Mio obiettivo era di tenere i piedi per terra. In questa vicenda, la pressione vostra è stata forte, per quanto giustificata dalla particolare crudeltà di quanto accaduto, però la nostra attività deve svolgersi in modo razionale. Possiamo aver sbagliato e se ce ne sarà l’opportunità faremo altre indagini”. 

Durante le repliche, prima della camera di consiglio, Giorgio aveva detto che la violenza sulle donne “non è perdita temporanea della ragione, ma un tentativo di riaffermare l’ordine in cui l’uomo è padrone e che non può essere disconosciuto; quando Pamela voleva andarsene, lui ha riaffermato la sua ‘signoria e ha liquidato la nostra ragazza” aveva detto durante le repliche il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio. Nell’udienza conclusiva il procuratore e il pm Stefania Ciccioli avevano ribadito la tesi accusatoria: le coltellate al fegato alla giovane vennero sferrate quando era ancora viva dopo un rapporto sessuale in cui l’imputato avrebbe abusato dello stato d’inferiorità della 18enne stordita dall’assunzione di eroina: Pamela avrebbe tentato di andarsene dalla mansarda di via Spalato 124 e avrebbe graffiato Oseghale prima di essere percossa e accoltellata a morte con uno choc emorragico dovuto alle ferite al fegato. Oseghale, aveva detto Giorgio, l’ha “strumentalizzata come un giocattolo”. 

L’avvocato Simone Matraxia aveva ancora sostenuto che l’imputato non uccise né stupro la 18enne; in particolare si è soffermato sull’assenza di certezze medico legali sulla vitalità delle coltellate su Pamela, riproponendo i dubbi sollevati dal proprio consulente sulle conclusioni dell’esperto incaricato dall’accusa, il prof. Mariano Cingolani. I difensori infatti hanno annunciato che ricorreranno in appello. Oseghale è stato anche condannato  a risarcire le parti civili costituite: i genitori di Pamela, il proprietario della mansarda di via Spalato 124 e il Comune di Macerata. Ad Alessandra Verni e Stefano Mastropietro sono state concesse provvisionali di 300mila euro ciascuno. Pur respingendo le accuse di omicidio e stupro contestate al loro assistito, i difensori hanno ammesso che si aspettavano in qualche modo una condanna all’ergastolo; ma si sono detti sorpresi dal riconoscimento della responsabilità per la violenza sessuale. La pena massima avrebbe potuto essere inflitta nel caso specifico anche senza il riconoscimento del reato di stupro che, in ogni caso, ha ‘cristallizzato’ la pena dell’ergastolo. La Corte ha dichiarato per l’imputato, padre di due bimbi piccoli avuti da una compagna italiana, come pene accessorie la decadenza dalla responsabilità genitoriale e l’interdizione da pubblici uffici. La motivazione del verdetto verrà depositata entro 90 giorni.

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