Ne hanno arrestati altri 16, lo scorso 15 aprile le misure cautelari erano state 42, l’8 agosto 2018 altre 11. Sessantanove arresti in 9 mesi e quasi 300 indagati. Tre gruppi criminali, la stessa città, Palermo, e lo stesso fine: truffare le assicurazioni organizzando finti incidenti stradali, ma con feriti veri assoldati in cambio di qualche centinaio di euro e disposti a farsi fratturare le ossa. Le prime indagini sono partite dalla morte di un extracomunitario, nel gennaio 2018, in seguito alle ferite riportate dalla banda degli “spacca ossa”. E la storia continua.

I 41 raggiunti da una misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Palermo rispondono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alle frodi assicurative, lesioni gravissime, falso, calunnia, autocalunnia, rapina e intercettazione abusiva. Le indagini hanno accertato “l’esistenza di un’associazione per delinquere operante nella città di Palermo e nel suo hinterland, dedita alla seriale commissione di frodi ai danni delle assicurazioni mediante simulazione di sinistri stradali con lesioni personali, nonché di numerosi altri gravi delitti contro la persona, il patrimonio, la fede pubblica e l’amministrazione della giustizia”.

Dall’inchiesta è emerso come quasi quotidianamente queste persone mettevano in atto “una serie continua e ininterrotta di frodi in assicurazioni e reati per lesioni personali inferte con particolare crudeltà” e “complesse messe in scena di falsi sinistri stradali ed alla creazione di documenti falsi, richiedendo lo svolgimento di compiti differenziati, per cui risultava necessario avere la disponibilità di un congruo numero di persone pienamente consapevoli disponibili a realizzare le frodi”.

Per la prima volta in casi simili, il provvedimento cautelare ha colpito anche le vittime compiacenti dei simulati sinistri, i falsi conducenti dei veicoli investitori, i falsi testimoni e i fornitori dei mezzi utilizzati, soggetti cercati in contesti cittadini caratterizzati da degrado e povertà. “Ero in cattive condizioni economiche, lavoravo in un bar di Capaci e ho saputo che c’era un tale Alessio che faceva parte di un’organizzazione che simulava incidenti stradali”, ha raccontato agli investigatori uno dei “cuccioli”, come venivano chiamate le vittime dai componenti dell’organizzazione. “Alessio mi chiese se fossi interessato a partecipare ad un finto sinistro e mi disse che mi sarei dovuto far rompere uno o più arti. Per non farmi cambiare idea, mi inviò un messaggio intimandomi di non tirarmi indietro”.

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