Un trattatemento “pervasivo e senza pietà“. È quello che è stato riservato all’ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, nel filmato girato nell’abitazione della trans Natali. La definizione è dei giudici della nona sezione penale nelle motivazioni della sentenza con la quale il 28 novembre scorso hanno condannato quattro carabinieri coinvolti nella vicenda.

I fatti risalgono al 2009: l’allora governatore fu vittima di un ricatto a luci rosse. Secondo il tribunale quella del luglio di dieci anni fa in una appartamento sulla Cassia “fu una operazione preordinata. Il video doveva servire loro come strumento per ricattare l’importante uomo politico e ottenere conseguentemente da lui somme consistenti di denaro“. Dalle risultanze istruttorie “emerge pertanto in maniera insuperabile – si legge nella sentenza – che i carabinieri fossero a conoscenza già da prima della loro irruzione che Marrazzo quella mattina avrebbe raggiunto Natali nella sua abitazione e che l’uomo politico una certa ora fosse ivi effettivamente arrivato. I tre carabinieri avevano preordinato le modalità ed i mezzi di intervento per sorprendere l’importante uomo politico”.

I giudici descrivono anche il video-ricatto. “Immagini che mostrano un uomo con atteggiamento di sconforto e di resa – scrivono nelle motivazioni -, forse in procinto di piangere. Insomma non più un uomo con la sua identità, ma una vera e propria maschera di sofferenza interiore”. Per i magistrati la vita Marrazzo da questa vicenda verrà “devastata, nei suoi affetti familiari e nelle sue cariche istituzionali e nel suo lavoro di giornalista come dimostrano i fatti accaduti successivamente”.

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