“Basta, mollo tutto e vado a Bali”. Tutti, prima o poi, lo hanno pensato almeno una volta guardando una scrivania piena di fogli, pc, scadenze, cartelle. Ma Gianluca Gotto l’ha fatto davvero: a 21 anni ha fatto le valigie ed è andato in Australia. Adesso vive (felicemente) da nomade digitale, perennemente in viaggio, raccontando la sua esperienza in un blog: MangiaViviViaggia.

“Volevo costruirmi una vita diversa: mi ero iscritto all’università perché era quello che facevano tutti. L’idea che per essere felice devi laurearti, fare carriera e guadagnare tanti soldi mi metteva tantissima ansia”. E così nel 2011 Gianluca saluta la sua casa a Torino lascia la facoltà di Giurisprudenza e parte per l’emisfero australe: “Non era la mia città ideale, ho provato a cercare lavoro ma senza trovare granché”. Si arrangia con mille lavoretti, mette via i soldi per poter partire e vedere come si vive dall’altra parte del mondo, non senza qualche perplessità dei genitori: “Sognavano tutt’altro per me, magari un buon lavoro da ufficio. Insomma il figlio che mostri in una foto incorniciata: ben rasato e in giacca e cravatta. Non l’hanno presa bene all’inizio, poi hanno capito. Anche perché mi sono sempre mantenuto da solo”.

Per essere felice mi basta poco, voglio essere padrone del mio tempo

In Australia Gianluca fa mille lavori: il cameriere, l’operaio, l’aiuto-cuoco, capita perfino in una fattoria. Ma il ricordo più bello di quell’esperienza è un viaggio on the road da Perth a Melbourne: con Claudia, la sua ragazza, hanno attraversato il Paese dormendo sui sedili di una vecchia Mitsubishi degli anni ‘80. “Ho capito tante cose durante quel viaggio: che per essere felice mi bastava poco, volevo essere padrone del mio tempo”.

Dopo l’Australia è la volta del Canada, poi una breve tappa in Italia. Gianluca deve ripartire da zero e prova a trasformare una sua passione in un lavoro: la scrittura. Manda candidature a cinquanta diversi siti: “Viaggiare mi ha insegnato che le opportunità sono infinite: io non avevo una laurea e non avevo intenzione di prendere il tesserino da giornalista. Perciò ho puntato sull’online, ho bussato a tutte le porte con molta testardaggine”. Comincia a creare contenuti per diversi siti, facendo il ghostwriter e occupandosi un po’ di tutto: “Ho anche finto di essere una casalinga che dava consigli per gli elettrodomestici migliori”, dice ridendo. Pian piano comincia a ingranare e arrivano i primi soldi. A quel punto Claudia e Gianluca decidono di occuparsi della cosa che amano di più – viaggiare – raccontandolo in un blog, MangiaViviViaggia: “Sono le tre cose che ci fanno felici: mangiare bene, vedere posti nuovi e vivere serenamente in modo da rendere ogni giorno memorabile”. Ma fra paesaggi da cartolina e aerei non mancano le difficoltà: “Soprattutto per i visti: avremmo voluto rimanere in Australia, ma non avevamo le qualifiche necessarie”. I soldi invece erano un problema relativo: “Siamo riusciti a ottenere l’indipendenza economica molto presto, ed è una fortuna: in Italia è molto più difficile, e tanti ragazzi della mia età sono costretti ad andar via. Noi in Canada e in Australia, con un po’ di buona volontà, abbiamo sempre trovato qualcosa da fare”.

Associamo la felicità ad avere tante cose, tanti amici, tanti soldi. A Bali la gente vive con pochi dollari ed è felice

Gianluca si definisce un “nomade digitale”: il suo ufficio è il suo computer sulle ginocchia. Può lavorare ovunque, su un camper a Valencia o sdraiato al sole in spiaggia alle Canarie. Secondo lui, il web ha spalancato tantissime porte e dato molte occasioni: bisogna solo saperle coglierle. “In Italia c’è una grande tendenza a lamentarsi: anche io quando sono partito dicevo che l’Italia non mi avrebbe mai dato niente. Ma non si guarda mai alle alternative, pensare fuori dagli schemi: solo così si vedono cose nuove”. Gianluca non condivide il pessimismo di chi crede che l’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro: “Cambiano molte cose, ma ci sarà sempre bisogno di chi fa il pane. Tante persone odierebbero una vita davanti al pc: semplicemente secondo me le alternative esistono, e il digitale ne offre tante”.

Uno dei suoi articoli più condivisi è sulla “dittatura del sabato sera”, sulla schiavitù del divertimento a tutti i costi: il locale giusto, i sorrisi di cortesia, la foto perfetta. “Abbiamo una sconfinata libertà rispetto ai nostri nonni, ma alla fine ci costruiamo vite tutte uguali, e siamo sempre schiavi delle apparenze, dei like. Si passano pomeriggi a scrollare la bacheca di Facebook quando si potrebbe leggere, conoscere, informarsi”. Sul suo blog parla di involtini vietnamiti, voli intercontinentali e dà consigli su come “viaggiare alla grande spendendo pochissimo”. Ma parla anche di chi, in tempi di crisi economica, ha trovato il coraggio di lasciare tutto e cambiare radicalmente vita: “Non esiste un modo giusto di vivere”, scrive sul suo blog. “Ti insegnano che ci sono tappe prestabilite per tutti: a 20 anni l’università, a 30 anni la carriera, a 40 anni la famiglia perché se a quell’età non hai moglie e figli sei uno sfigato, poi a 50 anni aspettare la pensione. Ma non è l’unica strada possibile”.

Abbiamo una libertà sconfinata, eppure ci costruiamo vite tutte uguali

La sua esperienza in giro per il mondo alla fine è diventata un libro: Le coordinate della felicità, piccolo successo di self-publishing. Le loro puntavano molto più ad est dell’Italia: precisamente a Bali, dove Claudia e Gianluca passano parte dell’anno. Quell’angolo di mondo ha insegnato loro che per essere felici basta veramente poco, molto meno di quel che desideriamo nel frenetico Occidente: “Associamo la felicità ad avere tante cose, tanti amici, tanti soldi. A Bali mi ha colpito il fatto che la gente viva con pochi dollari e riesca comunque a sorridere di qualsiasi cosa. Anche in mezzo alle sventure. Poi torni in Italia e vedi gente in salute e che ha avuto un’istruzione – cioè tutto quello che un balinese potrebbe desiderare – eppure profondamente insoddisfatta”. La seconda lezione che ha imparato, dice, è godere delle piccole cose: “Bisogna sempre essere grati, semplicemente per una bella giornata di sole e la fortuna di essere vivi. Se poi hai anche un’istruzione e la salute, allora le lamentele non esistono: se si apre la finestra si capisce che c’è un mondo fuori, che aspetta di essere scoperto”.

Articolo Precedente

Apicoltura urbana: così le città diventano luoghi protetti per gli alveari. E le arnie monitorano l’inquinamento

next
Articolo Successivo

Cosenza, se il Planetario diventa un’opera di felicità pubblica

next