Sono stati recuperati dalle motovedette libiche e riportati indietro nel tardo pomeriggio del 10 aprile i 20 migranti che per oltre dodici ore sono stati in balia delle onde al largo delle coste della Libia dopo un naufragio. La notizia è stata confermata da Alarm Phone, l’organizzazione che era stata contattata intorno alle 6 del mattino dalle persone a bordo del gommone dopo che otto di loro erano caduti in mare: “Saranno riportati in una zona di guerra da una milizia finanziata dall’Unione Europea”, è stato il commento su Twitter della ong. “É una vergogna che questo respingimento illegale e disumano avvenga nell’indifferenza generale”. Di opposto parere il ministro dell’Interno Matteo Salvini: “I famosi 20 che ‘stavano affondando’ sono stati prontamente salvati dalla Guardia Costiera libica e riportati a terra. Molto bene!”, ha scritto sempre su Twitter.

La ong: il mercantile della Vroon si è rifiutato di parlare con noi
Con l’episodio del 10 aprile è emerso un altro fattore in gioco nel Mediterraneo: alcuni mercantili, dopo il presunto dirottamento di due settimane fa, non si prendono più in carico il salvataggio di migranti. É il caso ad esempio della nave Vos Triton&Aphrodite che nelle scorse ore si trovava in prossimità del barcone in avaria. Nonostante le richieste di intervento da parte di un aereo della ong SeaWatch che aveva avvistato i migranti e gettato una scialuppa di salvataggio, la compagnia Vroon, secondo quanto riporta la stessa ong, ha dichiarato di “non essere interessata a parlare” con gli operatori umanitari. Anche se in passato aveva operato altri soccorsi in mare.

Inoltre nelle scorse ore un aereo della missione Sophia ha avvistato la barca alla deriva e ha invitato a contattare le autorità tunisine. Anche perché la missione Sophia – che ha salvato 45.000 vite umane in tre anni – a marzo è stata prolungata di sei mesi ritirando però ogni tipo di supporto navale. Quindi l’unica attività europea è il pattugliamento degli aerei oltre al “rafforzamento del supporto alla guardia costiera libica e alla marina attraverso un maggiore monitoraggio, anche sulla terra, e una continua formazione”.

Ma in Libia è in corso un conflitto. E l’Unhcr parla di “condizioni di insicurezza” a Tripoli. Per questo ieri, mercoledì 10 aprile, ha trasferito 120 migranti da un centro di detenzione ad una struttura protetta. “Visto che la Libia non è sicura – spiega l’Agenzia dell’Onu – i migranti soccorsi non devono esser riportati lì”.

Evacuata un’altra donna dalla nave Alan Kurdi
Un altro equipaggio è bloccato da una settimana in mezzo in acque maltesi in attesa che l’Unione europea trovi una soluzione. Si tratta di quello della Alan Kurdi – nave che prende il nome dal bambino morto sulle spiagge turche la cui foto aveva avuto un forte impatto mediatico – con a bordo 62 rifugiati (con una donna incinta) e 17 membri dell’equipaggio. Il 10 aprile è stata portata a terra una 23enne nigeriana incinta, Osumah, che ha avuto una crisi epilettica. Il capitano Werner Czerwinski, riferisce l’ong Sea Eye, ha contattato il centro di soccorso maltese e ha chiesto la seconda evacuazione di una donna in due giorni. Malta ha inviato una motovedetta per effettuare la veloce evacuazione della donna il cui marito, però, è invece dovuto rimanere a bordo dell’imbarcazione.


Il capitano dell’imbarcazione Werner Czerwinski si è detto preoccupato per il tempo dei prossimi giorni: “Le persone vengono da me e mi chiedono quanto tempo dovranno restare a bordo e perché ci vuole così tanto tempo. Hanno davvero paura della prossima fase di maltempo. Molti di loro hanno avuto il mal di mare e si sono ripresi solo lentamente”. La situazione non è facile anche dal punto di vista psicologico: i migranti “hanno visto che due donne sono crollate e hanno dovuto essere evacuate. Questa non è una condizione adeguata per persone che hanno vissuto esperienze così terribili e non è una condizione adeguata nemmeno per il mio equipaggio”.
Il presidente della Sea Eye Golden Isler ha aggiunto: “La Alan Kurdi ha urgente bisogno di una soluzione rapida, politica ma soprattutto umanitaria ma la Commissione Europea non ha ancora ottenuto risultati concreti”. Il rappresentante della ong ha anche ricordato il dramma umano vissuto non solo dai migranti: “Questa situazione sta privando del sonno molti parenti a terra. Dobbiamo porre fine a tutto ciò. Non è possibile che una persona dopo l’altra debba stare male per poter finalmente lasciare la nave”.

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