La Design Week ( dal 9 al 14) è entrata nel vivo ma di fatto le anteprime delle anteprime sono già iniziate lo scorso fine settimana. Una corsa a chi apriva i battenti prima degli altri. Dior Ai Frigoriferi Milanesi, recupero smart degli storici magazzini refrigeranti, apre “Arte e Femminismo in Italia. Il Soggetto Imprevisto”. Si svuotano gli archivi del passato per riportare alla luce un incandescente arsenale socio/politico. Una mostra di rottura contro il “monologo della cultura patriarcale”. Correva l’anno 1978 quando alla Biennale di Venezia fanno il primo ingresso un’ottantina di artiste, rivendicando una loro visibilità. Le donne fino ad allora avevano una posizione di marginalità nel mondo maschilista dell’arte. La mostra è anche un’antologia di materiali grafici legati ai movimenti femministi, manifesti, slogan, copertine di Lp, fotografie che documentano la lotta per il divorzio, l’aborto, la legge contro la violenza. E oggi,  dopo tante conquiste, i diritti acquisiti sembrano essere di nuovo a rischio. Un segnale importante che ha voluto dare Maria Grazia Chiuri, direttore creativo della maison Dior.

Armani nel suo teatro di via Bergognone si ispira al mondo orientale, intreccia materiali e tessuti, evoca le tenue tonalità de La Japonaise di Monet , si ispira all’Obi, la tradizionale cintura indossata con il kimono. Il risultato è una collezione di lampade longilinee e paraventi Ombra, di una tale leggerezza che sembrano spiccare il volo. E sospesi sono gli aquiloni in un gioco di colori che si rincorrono su note di musica zen. Tutto è raffinato, nessuna sbavatura di eccessi ( di cui si caricano spesso gli eventi del Salone). Si muove elegante Giorgio Armani accompagnato dalla stilosa Roberta Armani, nipote e vicepresidente worldwide della griffe. Non si sottraggono ai selfie e alle domande di un gruppetto di giovani studentesse della Marangoni. Le chiedono: il significato/significante del suo successo? “L’umiltà” e risponde con una tale grazia che le conquista subito, tutte. Se ne vanno e si mettono nello zaino il sorriso e il sogno di diventare un giorno come lei. I festeggiamenti in casa Armani non sono finiti: si passa al Silos dove Tadao Ando, tra gli architetti giapponesi più famosi al mondo,  quello dei “buchi” del cemento ( che sono diventati iconografici) dialoga con la storia per constatare la scomparsa dell’architettura dal suo contesto convenzionale.

E “Challenge” si chiama l’articolata esposizione di Tadao che di se stesso dice di essere un “urban fighter”, un guerrigliero che ha sfidato le vecchie ideologie architettoniche, non si limita a progettare lui gli crea intorno un paesaggio d’architettura, in simbiosi con la natura e dal nome evocativo Landscape Genesis. Louis Vuitton: cambio di guardia ai piani alti della storica maison e direttamente da Prada arriva Stefano Cantino, il guru della comunicazione. Il suo arrivo si fa subito notare e l’installazione a Palazzo Serbelloni è sublime.  Si entra in un tunnel, una struttura modulare realizzata in tubi di cartone riciclato dall’archistar giapponese Shigeru Ban. Fece la sua prima comparsa sul tetto del Centro Pompidou nel 2004 come temporary office, diremmo oggi ecosostenibile, mostrando già una sensibilità all’emergenza ambientale.

Dal monumentale cortile si passa ai saloni affrescati che ospitano la collezione di Objets Nomades, unici, di sapienza artigianale, funzionali, per viaggiatori di lusso. Rievocando lo spirito da Grand Tour. Oggi siamo tutti turisti, nessuno più è viaggiatore.  Ma Louis Vuitton fa sognare e ci accompagna in una giungla immaginaria, foglie di palme in sgargianti colori, e avvolgenti poltrone “cocoon”, dei fratelli Campana, che assomigliano a fiori tropicali, con sovrapposizione di petali di impalpabile pelle. Ispirate alla tradizionali lanterne, composte da cuore di vetro di Murano e avvolte da strisciette rosse, quelle LV piovono dal soffitto.

Angela Missoni, è lo sponsor di Home Sweet Home, giocosa, allegra, verrebbe voglia di dondolarsi sul cavalluccio e di cogliere i fiori del giardino. Tutto è tricoter, lavorato a maglia con santa pazienza. Alessandra Roveda, classe 1978, laurea al Politecnico di Milano, non poteva immaginare che prendendo l’uncinetto in mano a sei anni, imitando la nonna, la sua passione sarebbe diventate un’arte. Grazie anche all’incontro con la talent scount e gallerista Paola Colombari. E, catenelle su catenelle, fa meditazione. “Non smetto mai, mi carica e mi scarica”. E così ricopre letti, armadi, televisori, vasi, libri e librerie e perfino pancakes, sushi e bastoncini, articolando all’infinito fili colorati e punti all’uncinetto inventando la fisionomia degli oggetti quotidiani, dandogli un’altra anima.

La griffe del design Luce, luce ovunque, che filtra dalla vetrate spalancate su giardino, è la nuovissima sede di Locatelli Partners (Davide Agrati, Giovanna Cornelio, Massimiliano Locatelli e Annamaria Scevola) che sono passati dalla box, tutta vetro e  acciaio, sotto le volte affrescate della chiesa sconsacrata di San Paolo a Converso allo spazio multifunzionale di via Corridoni, tre piani di purezza di design e roof top con vista su tanto verde che sottolineare il loro impegno sulla eco/sostenibilità. E presentano il loro book cover, in giallo acido ,“Dialogues Architecture Interior Design”, già pezzo da collezionista, un’antologia che raccoglie i loro lavori in giro per il mondo, dalla casa 3-D ( che ha vinto il premio Best Sustainability Salone del Mobile 2018) alla torre di vetro di Chelsea a New York, passando per l’hotel particulier in stile neo/gotico.

L’hanno immaginata vestita da gran dama, pronta per andare all’Opera, invece apre il frigorifero, sbatte due uova, si mette ai fornelli, due fette di pane tostato. Tutto griffato Smeg. Dall’abito all’elettrodomestico Dolce & Gabbana rievoca i colori dei carretti siciliano e la sapienza dell’artigianato made in sud.
FB: januaria piromallo official

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