“Sono scappato da Roma per trovare un ambiente che funzionasse come me”. Alberto Forte, 32 anni, vive a Losanna, dove si è specializzato in psichiatria e sta completando un dottorato di ricerca in neuroscienze. La laurea in medicina, però, l’ha presa in Italia, alla Sapienza: “In realtà è da quando avevo 18 anni che qualcosa, dentro di me, mi spingeva ad andarmene – racconta – ma un po’ per pigrizia, un po’ per timore, ho fatto l’università dove sono nato e cresciuto. Quando durante gli studi ho capito che volevo fare il ricercatore, fuggire all’estero è diventato un obbligo. In particolare volevo spostarmi in Austria o in Svizzera, dove è possibile specializzarsi e al tempo stesso iniziare il dottorato, a differenza che da noi”. Così, dopo aver mandato curriculum alle università di tutta Europa, parte per Losanna, dove vive ormai da sette anni, alternando i pazienti in studio con l’attività di ricerca. Si occupa soprattutto di deficit dell’attenzione, disturbo da stress post-traumatico e pazienti ad alto potenziale intellettivo (con un quoziente d’intelligenza superiore a 120).

Purtroppo molti romani assomigliano alla loro caricatura: pigri, caciaroni e sedentari

In mezzo alle Alpi, dice, ha trovato l’ambiente professionale perfetto per il proprio carattere, pignolo e instancabile. “Solo sul lavoro, però – scherza – nella vita privata sono un casino, perdo e rompo tutto. Ma quando ho delle scadenze o dei progetti in ballo divento una macchina. Per questo non potevo più stare a Roma, dove è impossibile programmare qualsiasi cosa perché non c’è rispetto degli orari, del tempo e degli spostamenti altrui. Stavo diventando matto. Purtroppo molti romani assomigliano alla loro caricatura: pigri, caciaroni e sedentari”. Nella sua città, racconta, non è mai riuscito a immaginare un futuro: “Mi sentivo come in un borgo decadente: la maggior parte delle persone che ho conosciuto, non dico tutte ma almeno 8 su 10, erano incapaci di ragionare a lungo termine. In più da neolaureato vieni trattato con sufficienza, devi dimostrare tutto e quasi sempre sei costretto a sgomitare per trovare il tuo posto. In Svizzera è tutto diverso. Appena arrivato non ero nessuno, ma chiunque mi dava del lei, mi chiamava ‘dottore’ e mi rispettava. E pestare i piedi altrui, nell’ambiente universitario, non solo non è necessario ma è malvisto: all’inizio, anche a Losanna, cercavo di mettermi in mostra in ogni modo, perché ero abituato a farlo a Roma. Quando i miei superiori se ne accorsero mi dissero di smetterla perché non ce n’era bisogno, il mio posto ce l’avevo e per loro ero uguale agli altri colleghi”.

Il confronto tra Roma e Losanna è impietoso anche sotto altri aspetti. “Qui lavoro in un ambiente unico, una perla rara”, racconta Alberto. “Siamo sulla riva del lago, circondati dalle montagne, in edifici progettati dai migliori architetti. L’università offre corsi gratuiti in più di 400 discipline sportive: il senso è prendersi cura di ricercatori e studenti come persone, non solo come lavoratori. Ogni giorno si tengono decine di meeting, conferenze e tavole rotonde. È un luogo di modernità e cultura”. È anche vero, però, che la vita di un giovane studente svizzero può essere molto stressante: “Il sistema universitario qui non sopporta i ritardi: se fallisci un esame due volte, sei fuori. Fin dal primo anno di superiori i ragazzi accumulano un punteggio che deciderà la loro ammissione alle università. Questo forse è l’aspetto che mi piace di meno, perché non credo sia giusto sottoporre a questa pressione i ragazzi”. E non è l’unico difetto della Svizzera: “Devo ammettere che, per quanto sia qui da sette anni, non mi sono mai sentito a casa. Sono rimasto uno straniero: ben integrato, certo, ma sempre uno che viene da fuori, con tutte le fatiche del caso. Allo stesso tempo però non potrei rientrare in Italia, soprattutto a Roma. Ogni volta che torno, anche per brevi periodi, bastano dieci minuti di traffico sul raccordo a farmi passare la voglia. Forse potrei vivere in qualche piccolo borgo in Toscana o in Piemonte, sarebbe un cambiamento meno traumatico”.

Il sistema universitario qui non sopporta i ritardi: se fallisci un esame due volte, sei fuori. Questo è quello che mi piace di meno

A Losanna, soprattutto, Alberto ha avvertito una fiducia che in Italia difficilmente si riserva ai giovani medici della sua età. “La stima dei miei superiori mi ha permesso di progredire, dal punto di vista professionale, tre volte più rapidamente di quanto avrei fatto in Italia. Se fossi rimasto a Roma, durante la specialistica avrei avuto un contratto accademico, senza contributi, a tempo determinato e con un salario fisso. Qui non esiste la specializzazione come la intendiamo noi, ma appena dopo la laurea si viene considerati medici a tutti gli effetti e si inizia la propria carriera, con i contributi pagati. Io, addirittura, ho avuto da subito un contratto a tempo indeterminato. Al quarto anno di specialistica sono diventato responsabile di una clinica specializzata in disturbo da stress post-traumatico, qualcosa di impensabile per l’Italia. Qui non c’è snobismo o sufficienza nei confronti di chi è giovane e si sta ancora formando”. Per questo, conclude, non riesce a immaginare di tornare in quella che comunque sente ancora casa propria. “Mi piace Losanna perché è una città piccola, ma si sente grande. Roma è il contrario: è grande e bellissima, ma la mentalità è quella di un villaggio. Qui ho trovato il mio equilibrio”.

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