Ci sono “evidenti somiglianze” tra il disastro della Ethiopian Airlines e quello del volo Lion Air di cinque mesi fa. Lo dichiara il ministro dei Trasporti etiope dopo aver annunciato che dalle scatole nere del Boeing 737 Max, caduto il 10 marzo con 157 persone a bordo, sono stati recuperati “quasi tutti i dati”. L’aereo “andava a un’inusuale alta velocità dopo il decollo“, quando “il pilota ha riferito di avere problemi e chiesto il permesso di prendere quota rapidamente” ha spiegato una fonte – che ha ascoltato la registrazione della conversazione con la torre di controllo – all’agenzia Reuters che ha riportato la notizia sul proprio sito.

Nella conversazione il pilota del Boeing 737 Max (che era nuovo e dello stesso modello di quello precipitato in Indonesia cinque mesi fa) chiede di salire a 14mila piedi sopra il livello del mare (6.400 piedi sopra l’aeroporto), ma a 10.800 piedi l’aereo scompare dai radar dopo aver cominciato a girare per tornare indietro, per quello che il pilota ha descritto come un problema al sistema di controllo del volo, ha aggiunto la fonte, che ha chiesto l’anonimato perché le indagini sul disastro sono ancora in corso. Poco prima della manovra, il pilota ha urlato “break, break”, indicando agli altri aerei e alla torre di controllo di interrompere le altre conversazioni non urgenti. Il pilota sembrava molto spaventato, ha aggiunto la fonte.

Intanto la compagnia ha dato ai familiari delle vittime della sciagura di domenica scorsa ad Addis Abeba la terra bruciata nel punto in cui è caduto l’aereo in modo che possano utilizzarla al posto dei resti umani dei propri cari per i funerali e le sepolture: l’iniziativa è stata presa perché ci vorranno mesi prima che tutte le vittime vengano identificate attraverso le analisi dei Dna. Secondo il ministro dei Trasporti etiope Dagmawit Moges citato dal settimanale TIME, infatti, potrebbero essere necessari anche sei mesi per identificare tutte le 157 vittime della sciagura, inclusi otto cittadini italiani, provenienti da 35 Paesi. Le famiglie hanno ricevuto sacchetti da un chilo ciascuno con la terra bruciata prelevata dal luogo dell’incidente, hanno detto i membri di due famiglie coinvolte che hanno voluto mantenere l’anonimato. A Parigi prosegue l’analisi delle scatole nere.

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