“In Germania sto bene e credo di poter realizzare i miei sogni. Gli stipendi sono più che doppi rispetto all’Italia e il costo della vita più basso. E una cosa che mi ha colpito è che durante il colloquio chiedono al lavoratore che stipendio si aspetti. Fantascienza rispetto alla realtà italiana. A me hanno chiesto quanto ritenevo opportuno essere pagato e quando sono stato assunto hanno rispettato la mia richiesta”. Alessandro Iavicoli, 36enne laureato in informatica, lavorava nella città in cui è nato, Trento, ma non era soddisfatto. Così ha scelto di partire. “Io coraggioso? No, credo serva più coraggio a rimanere in Italia, che si fonda su un sistema malato, clientelare e non meritocratico. La mia è stata una scelta ponderata e meditata a lungo”.

Oggi Alessandro vive a Oldenburg, nella Bassa Sassonia, e si occupa della programmazione informatica delle piattaforme di lancio missilistico delle navi militari. “La cosa curiosa – spiega – è che non sono stato io a cercare questo lavoro, ma il contrario. L’azienda che mi ha assunto mi ha trovato su Linkedin attratta non tanto dal mio curriculum professionale, quanto da un mio hobby: gli scacchi. Ho creato, infatti, un’intelligenza artificiale per questo gioco che ha catturato l’interesse della società. Ed è stata la prima volta che questa voce in curriculum messa fra gli hobby è stata determinante per trovare lavoro. A dire il vero in Germania questo dettaglio ha suscitato interesse in tutti i colloqui di lavoro, mentre in Italia nessuno l’ha mai considerato”. Anche lui, come molti suoi coetanei laureati, in Italia ha vissuto per anni, sei esattamente, lavorando con contratti precari. “Sono sopravvissuto per tre anni a partita Iva, come freelance – spiega Alessandro – ma non essendo un imprenditore puro passavo le mie giornate in casa a cercar clienti. La situazione economica peggiorava ed ero sull’orlo dell’esaurimento”.

Qui le aziende considerano la formazione un investimento e la crescita professionale si traduce in aumento dello stipendio

Per questo decide di tornare a cercar lavoro come programmatore in un’azienda informatica. Lo trova e, dice, “inizio a respirare un po’”. Viene assunto con contratto a tempo determinato, ma in quel periodo “ho vissuto e subito – dice – un po’ tutto il marcio del sistema Italia e sul lavoro continuavo a non avere soddisfazioni”. Si sente soffocare, schiacciato fra un sistema clientelare che subisce e una capacità di crescere che si sente negata ogni giorno di lavoro che passa. “Con il tempo le cose non miglioravano affatto. Anzi – spiega – io stesso stavo accumulando una certa negatività. Non vivevo bene in quel contesto e credo che quando non si accetta una situazione l’unica via d’uscita sia quella di prendere in mano la propria vita e diventarne protagonisti. Così ho fatto io”.

Nel dicembre del 2016 Alessandro decide allora di andarsene in Germania. Per due motivi: “È un paese meritocratico dove nel mio campo trovare lavoro è molto semplice. E da due anni a questa parte, dopo il referendum sulla Brexit, molte start up si sono spostate da Londra a Berlino, alimentando un mercato del lavoro già di per sé molto snello”. Alessandro sceglie proprio Berlino come primo punto d’arrivo. Per prima cosa sbriga tutte le incombenze burocratiche (anagrafe, conto in banca, abbonamento ai mezzi pubblici, “da quando sono in Germania – dice Alessandro – non ho mai più toccato un’auto”) e subito dopo si immerge nello studio della lingua: “La mia idea di posticipare la ricerca del lavoro per studiare meglio il tedesco si è rivelata una buona strategia. Nei colloqui di lavoro, e in Germania ne ho fatti in due mesi più di quanti ne ho fatti in Italia in tutta la mia vita, questa mia scelta era molto apprezzata perché evidenziava la mia volontà di stabilirmi in Germania”.

Trovare la casa è più difficile che trovare un lavoro: servono garanzie solide

Passano un paio di mesi e Alessandro inizia a cavarsela bene col tedesco. Così traduce il suo curriculum e aggiorna il suo profilo Linkedin in tedesco e inglese: “Dopo tre mesi stavo già lavorando”. Si trasferisce da Berlino a Oldenburg dove viene assunto per l’azienda per cui lavora tuttora. Stipendio ottimo ma soprattutto prospettive di crescita professionale enormi: “È l’azienda che si preoccupa di formarti nel tempo, che prevede percorsi specifici di crescita e li pianifica in modo che il lavoratore possa raggiungere le competenze adeguate. L’azienda lo considera un investimento e la crescita professionale si traduce, in modo del tutto automatico, in un progressivo aumento dello stipendio”. Paradossalmente trovare una casa in Germania si è rivelato molto più difficile che trovare un lavoro: “Servono mesi e bisogna dare garanzie solide”. A tornare in Italia Alessandro non ci pensa proprio, ma non lo dice con supponenza: “Dell’Italia – dice – mi mancano la famiglia, gli amici, i corsi di ballo che sono la mia passione. Ma il mio paese non è stato in grado di garantirmi quello che voglio per me e i miei figli”.

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