Squarci, buchi, crepe, materiali impregnati di polveri sottili. Fotografati e allegati a un esposto presentato dall’Usb alla procura di Taranto, ad Arpa, Ispra, Regione Puglia, Noe e Spesal. “Ecco in quali condizioni sono gli impianti che dovrebbero catturare le diossine” dell’acciaieria ex Ilva, ora gestita da ArcelorMittal, prima che le polveri vengano immesse nell’aria dal camino E312. È questo il contenuto della denuncia del sindacato che negli scorsi giorni ha catturato le immagini, poi diffuse dal portale per la pubblicazione di materiale riservato su tematiche ambientali Veraleaks.

Per funzionare, infatti, quell’impianto dovrebbe essere “coibentato e sigillato”, sostengono gli ambientalisti. Così, invece, mette “a serio rischio la salute di operai e dei cittadini”. Una ricostruzione “non corretta” secondo l’azienda. Ma le foto dei delegati del sindacato sono lì a immortalate lo stato di ‘salute’ degli “stessi impianti” dai quali “uscì la diossina che ha contaminato i terreni vicini e le pecore che vi pascolavano”, denuncia Veraleaks ricordando che gli animali “furono abbattuti e smaltiti nel 2008 come rifiuto speciale”.

Si tratta delle strutture del reparto agglomerato dello stabilimento ArcelorMittal, in particolare le strutture degli elettrofitri che dovrebbero assicurare la “captazione delle diossine” dalle polveri prima di essere immesse in aria dal camino E312. Se l’impianto non funziona, insomma, secondo Veraleaks, il composto cancerogeno viene espulso dai camini del siderurgico di Taranto diffondendosi nell’ambiente circostante. Invece “la storia non insegna nulla” e oggi, a undici anni di distanza, le condizioni “sono ancora queste” e “da quegli impianti esce diossina”.

Mentre nell’esposto dell’Usb si parla di “squarci profondi in più punti delle pareti perimetrali degli elettrofiltri”, nonché di “lamiere divelte e usurate con pericolo di caduta, materiali FAV esposti non incapsulati ed impregnati di polveri sottili”. E ancora di “portelli di contenimento non chiusi ermeticamente a causa del precario stato, materiali di risulta sparsi a rischio di inciampo e di caduta in quanto posti ad altezze notevoli”.

Per assicurare che le diossine “non si sprigionino in maniera diffusa all’esterno delle strutture che contengono gli elettrofiltri primari e secondari, questi devono essere necessariamente coibentati e sigillati“, prosegue Veraleaks. “In questo stato – conclude l’organo fondato dall’ambientalista Luciano Manna – non si assicura nessuna delle condizioni e gli impianti mettono a serio rischio la salute degli operai e dei cittadini”. “C’è un problema legato alla coibentazione – spiegano fonti di ArcelorMittal a Ilfattoquotidiano.it – Ma questa influisce solo sul mantenimento della temperatura, mentre non ha nulla a che fare con la dispersione delle diossine, parametro per il quale siamo costantemente monitorati”.

Nelle prossime settimane, dopo una raccolta firme durata oltre un mese, alla denuncia dell’Usb si aggiungerà quello di Taranto Libera. Ad oggi sono più di 5mila le persone che hanno firmato l’esposto nel quale sono raccolte tutte le presunte violazioni ambientali della società che si è aggiudicata l’ex Ilva e ha preso possesso degli impianti in autunno, dopo l’intesa raggiunta tra ArcelorMittal e i sindacati al tavolo del ministero dello Sviluppo Economico. Mentre il sindaco Rinaldo Melucci, dopo la diffusione da parte di Peacelink dei dati Arpa Puglia sull’incremento di benzene e altri inquinanti nei primi due mesi del 2019, ha spiegato di aver rivolto un quesito formale all’Agenzia regionale protezione ambiente per “ricevere opportune valutazioni di merito”.

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