“Il segnale mandato dalle autorità (di Cantù, ndr) e dal contesto sociale è bruttissimo: facciamo finta di niente, fatevi i fatti vostri, gli stessi messaggi che erano tipici di alcune realtà siciliane di qualche anno fa. Cantù come Locri? Ma figuriamoci”. Il capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Alessandra Dolci, ospite mercoledì sera al convegno Vite di Mafia insieme allo studioso di mafie internazionali Federico Varese, ha lanciato l’allarme sul clima di paura che avvolge il processo contro i “rampolli della ‘ndrangheta comasca” (leggi l’articolo di Davide Milosa) che si sta svolgendo nelle aule del Tribunale di Como. Un processo dove il Comune non ha voluto costituirsi parte civile e dove, nelle scorse udienze, i testimoni che avevano denunciato le aggressioni e le estorsioni subite hanno ritrattato le testimonianze e l’aula è stata sgomberata dopo che i parenti degli imputati avevano inveito contro il pubblico ministero. “Non mi sento di criticare l’atteggiamento di questi testi perché se fossero stati accompagnati dalla cittadinanza forse avrebbero avuto il coraggio di testimoniare e invece si sono sentiti abbandonati dallo Stato”.

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Mauro Rostagno, 31 anni dopo la morte dieci persone a giudizio: “Falsa testimonianza al processo per l’omicidio”

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