In quest’ultimo mese è successo che un giovane ragazzo si è recato al pronto soccorso da cui, dopo diversi accertamenti, è stato dimesso con invio al medico curante. Evento normale: ne capitano infatti centinaia di queste situazioni in cui giovani o anziani, dopo gli accertamenti standard, vengono dimessi con l’indicazione di prestare attenzione ai sintomi per capire nel tempo se c’è o meno una patologia silente non evidenziabile con gli strumenti disponibili. Purtroppo però in questo caso il ragazzo, il giorno successivo, è deceduto per cause da accertare.

Negli stessi giorni un mio paziente medico, dopo sei anni di vicende giudiziarie con l’accusa terribile di omicidio colposo, è stato definitivamente assolto. In tutto quest’iter, oltre a un esborso patrimoniale imponente per pagare avvocati, si è licenziato dal luogo di lavoro pubblico perché non si sentiva più sicuro a svolgere il suo lavoro di alta professionalità medica ma, allo stesso tempo, di alti rischi.

Si tratta di due vittime che ispirano compassione. Il ragazzo deceduto è vittima dell’inevitabile rischio insito nel fatto che siamo esseri viventi fragili e caduchi? O anche occorre cercare a tutti i costi un colpevole? La sofferenza immane per la morte prematura di un ragazzo deve per forza essere gestita sul piano giudiziario e non su quello psicologico?

Il medico, ora operante nel privato, è sicuramente vittima di un sistema giudiziario lento e farraginoso, oltre che di un accanimento mediatico contro la medicina che non sempre può guarire. Le previsioni sono che entro pochi anni nessun medico vorrà più lavorare nei pronto soccorso. Già il ministero ha proposto che anche non specialisti in medicina d’urgenza possano essere assunti per ovviare alle carenze.

In diversi Paesi si devono “importare” medici ginecologi, ortopedici o chirurghi in quanto nessuno vuole esporsi ai rischi collegati a queste professioni. Nei servizi pubblici in pochi anni assisteremo a un esodo di bravi medici che lavoreranno solo nel privato con tariffe molto alte per pagare assicurazioni e legali. La gestione giudiziaria e non psicologica della morte o della sofferenza provocherà un peggioramento dell’assistenza sanitaria.

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