Testa alta, mascella serrata, il pizzetto che tende al rosso e niente manette ai polsi. Cesare Battisti è tornato in Italia a bordo di un Falcon 900, atterrato all’aeroporto di Ciampino. Circondato dalla polizia è passato a poca distanza dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e a quello dell’Interno, Matteo Salvini. Durante l’identificazione, ha detto ai funzionari dell’Antiterrorismo: “Ora so che andrò in prigione”. L’ex terrorista dei Pac è stato catturato a Santa Cruz, in Bolivia, dopo 37 anni di latitanza: deve scontare una condanna all’ergastolo per quattro omicidi. “Spero di non incontrarlo da vicino”, ha detto il vicepremier, che indossava una giacca a vento della polizia. Per essere presente Salvini  ha annullato la conferenza stampa prevista dopo il vertice con il commissario europeo alla migrazione Dimitris Avramopoulos. L’ennesimo elemento che dimostra come Salvini tenga particolarmente ad accostare il suo nome all’arresto di Battisti: non era presente quando a Ciampino era arrivato il feretro di Antonio Megalizzi, il ragazzo ucciso nell’agguato di Strasburgo, accolto da Sergio Mattarella. Sull’arresto dell’ex terrorista è prevista una conferenza stampa a Palazzo Chigi alle 14 con il premier Giuseppe Conte, e gli stessi Salvini e Bonafede.

Pg Milano: “Indagine su rete di fiancheggiatori”
L’arresto dell’ex terrorista è arrivato anche come conseguenza della “svolta a livello politico in Brasile“, ma soprattutto grazie “alla collaborazione di polizia” a livello internazionale, spiegano il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso e il sostituto pg Antonio Lamanna. Alfonso ha precisato che “siamo soddisfatti dal punti di vista del lavoro svolto”. Ma la cattura di Battisti apre anche un nuovo fronte: la rete di fiancheggiatori “sarà oggetto di ulteriori indagini”. Gli inquirenti aspettano i rapporti di polizia, che arriveranno tra venerdì e lunedì, anche se poi la competenza sulle ulteriori verifiche di indagine spetterà alla procura ‘ordinaria’ e tutto il materiale verrà analizzato dal pm Alberto Nobili, responsabile del pool antiterrorismo. I due magistrati hanno spiegato che per arrestare il latitante è stata usata “una tecnologia molto avanzata, è stata seguita la scia internet, la localizzazione”, ma preferiscono non aggiungere altro visto che si tratta di un elemento che potrà portare a nuovi risultati.

Nel carcere di Rebibbia ma deciderà il Dap
Battisti è stato preso in consegna dagli uomini del Gom, il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria. Durante la notifica degli atti, avvenuta a Ciampino, l’ex terrorista – apparso rassegnato –  ha ringraziato per come è stato trattato e per i vestiti più pesanti fornitigli in aereo, poi ha detto ai funzionari dell’Antiterrorismo: “Ora so che andrò in prigione”. Dopo il fotosegnalamento negli uffici della questura di Roma in via Patini, alla periferia della Capitale, verrà trasferito nel carcere di Oristano, e non a Rebibbia, come riferito in un primo momento. Starà in cella da solo e in isolamento diurno per sei mesi. Il suo caso rientra in quelli dell’ergastolo ostativo, ossia senza la possibilità di ottenere benefici nell’esecuzione della pena, almeno se le condizioni non mutano. 

Bonafede: “Nessuno si sottrae alla giustizia”
“Verrà a scontare l’ergastolo“, aveva detto Bonafede subito dopo la cattura. “Riteniamo che, considerando che non arriva in Italia dal Brasile, che ci ha fornito un supporto politico e giuridico importantissimo, con questo arrivo diretto in Italia – aveva spiegato il ministro della Giustizia – viene meno l’accordo del mio predecessore perché Battisti non scontasse l’ergastolo ma 30 anni”. La cattura dell’ex terrorista, sottolinea il Guardiasigilli, serve per “dire al mondo che nessuno può sottrarsi alla giustizia italiana“. Battisti, rimarca, “è un pluriomicida che si è macchiato di reati gravissimi e che con la sua fuga mortificava il dolore delle famiglie delle vittime e di un intero popolo”.

Salvini: “Assassino, infame, vigliacco. Ora altri arresti”
Il titolare del Viminale aveva invece scritto: “Finalmente l’assassino comunista Cesare Battisti torna nelle patrie galere. Giornata storica per l’Italia, state con noi”. Per il vicepremier leghista, il suo arresto è maturato “grazie al mutato clima politico a livello mondiale, dopo 37 anni finalmente finirà dove merita un assassino, un delinquente, un infame, un vigliacco che non ha mai chiesto scusa”. E ha annunciato che la cattura di Battisti non è un “punto d’arrivo ma un punto partenza. Sono sicuro che le forze dell’ordine, con i servizi d’intelligence, potranno riassicurare alle galere altre decine di delinquenti, vigliacchi e assassini che sono in giro per il mondo a godersi la vita”. Poi, in tarda mattinata, la telefonata al presidente brasiliano Jair Bolsonaro per “ringraziarlo a nome di tutti gli italiani”.

Tajani: “Accoglienza disdicevole. No propaganda”
I numerosi tweet, le dichiarazioni e la presenza a Ciampino di Salvini e Bonafede ha provocato la reazione politica delle opposizioni. Il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, ritiene “incomprensibile” e “disdicevole” l’accoglienza riservata “a un ergastolano pluriomicida”. Il governo, aggiunge, dovrebbe piuttosto “preoccuparsi di fargli scontare la pena fino all’ultimo giorno” senza “distogliere l’attenzione dagli altri problemi che colpiscono il Paese” e “senza fare propaganda”. Numerose anche le dichiarazioni in questo senso, anche nel Partito Democratico. Matteo Renzi, nella sua eNews, parla di “un’ottima notizia per l’Italia” perché “tutti desideravano che un assassino del genere fosse riportato in Italia per scontare la pena nelle patrie galere”. Per questo, aggiunge, “polemiche e divisioni non hanno senso di esistere” ma “dobbiamo solo ringraziare, tutti insieme, polizia e intelligence”. “La verità – conclude – è che ha vinto la giustizia, non un partito politico. Hanno vinto le istituzioni, non gli ultras. Ha vinto la democrazia, non il terrorismo”.

Caselli: “Non è uno scalpo da esibire”
Per Gian Carlo Caselli, magistrato simbolo della lotta alla mafia e al terrorismo, “non bisogna esagerare, quello di Battisti non è uno scalpo da esibire, resta un pericoloso criminale che è stato finalmente arrestato e che deve espiare la pena inflittagli, fino alla fine. Non altro”. La politica, aggiunge, “fa il suo mestiere, se lo Stato italiano ottiene un successo – e l’arresto di Battisti lo è indubbiamente – naturale che poi cerchi di intestarserlo”. Critici anche i Radicali italiani: “È avvilente – scrivono Riccardo Magi, deputato di Più Europa, e la segretaria di Radicali Italiani, Silvja Manzi – vedere due dei massimi esponenti del Governo andare ad accogliere un condannato in via definitiva per reati gravissimi all’aeroporto. Attorno a questo caso si è creato un eccessivo clamore mediatico: ad occuparsene dovrebbero essere solo le forze dell’ordine e la magistratura per l’esecuzione della pena, non i politici”.

Il fratello: “Risolti tutti i problemi dell’Italia…”
A commentare l’arresto anche un tweet della Polizia di Stato: “Dietro questo momento ci sono giorni e notti di chi non ha mollato mai, di chi ha trascurato affetti e famiglie avendo presente il dolore di quanti ancora soffrono per le sue vittime. Grazie alla caparbietà di chi silenziosamente ci ha sempre creduto”. Per Franco Gabrielli, è stato “assicurato alla giustizia una persona pericolosa che ha fatto del male all’Italia e che si è dimostrato irridente e oltraggioso nei confronti del Paese”. Il capo della Polizia ha poi sottolineato “il lavoro della nostra Intelligence, della Digos e della questura di Milano che hanno lavorato assieme all’Interpol per raggiungere questo straordinario risultato”. Il fratello di Battisti, Vincenzo, è quasi ironico: “Che vuole che le dica – ha risposto all’Adnkronos – Tra poco in aereo rientra a Roma Cesare, mio fratello, e così abbiamo risolto tutti i problemi dell’Italia, le pensioni, il debito, tutto risolto con Battisti. Non aggiungo altro, ha già detto tutto il ministro Salvini…”.

Condannato all’ergastolo per quattro omicidi
L’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, è stato condannato per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Battisti si è sempre dichiarato innocente. Nato a Cisterna di Latina il 18 dicembre 1954, la sua è una vita segnata da mille peripezie, fughe, colpi di scena. La giustizia va comunque avanti e nel 1985 lo condanna in contumacia all’ergastolo per vari reati legati alla lotta armata e per i quattro omicidi, sentenza confermata dalla Cassazione nel 1991. La fuga, nel frattempo, lo aveva portato prima in Messico, dove rimane circa una decina d’anni, e poi in Francia nel 1990. L’anno successivo parte dall’Italia la prima richiesta di estradizione, ma Parigi dichiara non estradabile Battisti, che nel frattempo Oltralpe ha intrapreso anche una carriera come scrittore di noir. Sono anni in cui la Francia, con lo scudo della ‘dottrina Mitterand’, si mostra molto morbida con terroristi latitanti.

Le fughe, le richieste di estradizioni e l’arresto
La seconda richiesta per estradarlo è nel 2004: Battisti viene arrestato il 10 febbraio a Parigi sempre su richiesta delle autorità italiane. Ma in Francia si scatena una campagna in suo favore sostenuta dagli intellettuali della gauche e il 3 marzo Battisti viene scarcerato. Il 30 giugno successivo dopo l’udienza per l’estradizione, la corte d’appello francese dà il via libera: Battisti ricorre e perde. La cosa sembra fatta, ma il 14 agosto è l’ultima volta in cui lui si presenta a firmare in commissariato, come previsto dalle misure nei suoi confronti, poi si rende irreperibile. Scatta quindi un mandato di arresto. E il 23 ottobre il primo ministro francese firma il decreto di estradizione in assenza del condannato, latitante.

Lui nel frattempo è fuggito in Brasile, dove si sposerà e avrà tre figli: il 18 marzo 2007 viene arrestato a Copacabana con la cooperazione dell’antiterrorismo italiano. Parte la terza richiesta di estradizione. Ma il Brasile gli riconosce lo status di rifugiato politico. E nel novembre 2009 il Supremo Tribunal Federal, pur a favore dell’estradizione, lascia la decisione finale all’allora presidente Lula, che il 31 dicembre 2010, ultimo giorno del suo mandato, annuncia il suo ‘no’. Battisti esce dal carcere. Il 3 marzo di cinque anni dopo una sentenza decreta la sua espulsione dal Brasile per via di una storia di documenti falsi con cui, a suo tempo, era entrato nel paese dalla Francia e riprende quota l’ipotesi di un rientro in Italia. Ma l’espulsione viene annullata e tutto si ferma di nuovo. Fino al tentativo di fuga in Bolivia e al nuovo arresto il 4 ottobre 2017. Parte la macchina dei ricorsi e tre giorni dopo Battisti è di nuovo in libertà. “Non stavo fuggendo, mandarmi in Italia è illegale, se mi estradano mi consegnano alla morte”, dichiara lui che nel frattempo rilascia interviste.

Le cose però cambiano. In Brasile tira ormai un’altra aria. L’11 ottobre il presidente Michel Temer revoca l’asilo politico. Jair Bolsonaro, esponente dell’ultradestra, già in campagna elettorale promette di estradare immediatamente Battisti se verrà eletto, cosa che avviene. E il 13 dicembre Luis Fux, magistrato del Supremo Tribunale Federale (Stf), ordina l’arresto dell’ex terrorista per “pericolo di fuga” in vista proprio della possibile estradizione, concessa nei giorni seguenti dal presidente uscente Temer prima dell’insediamento di Bolsonaro il primo gennaio 2019. Battisti fugge ancora, in Bolivia, fino all’epilogo per le vie di Santa Cruz de la Sierra.

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