Stamani ho riletto l’intervento di Alessandro Baricco su la Repubblica. L’altro giorno mi era piaciuto, ci avevo visto dentro un’autocritica importante. Oggi mi ha fatto incazzare. Un lettore poi mi ha stimolato su Facebook colorendo l’immagine con ghigliottine, gente incazzata: un’atmosfera da redde rationem, da sollevazione popolare.

Nell’insieme il pezzo di Baricco, che stimo, mi pareva un mea culpa sul disimpegno degli intellettuali, cosa che predico da anni. Riga per riga, ponderando bene, ci ho letto un implicito giudizio sull’incazzatura della gente, come se avesse ragione il popolo ad essere arrabbiato. Ho riletto anche due o tre pezzi di Luciano Bianciardi, Goffredo Parise e Pier Paolo Pasolini, tanto per darmele di santa ragione.

Insomma, questa atmosfera da presa della Bastiglia (fuori dalla fortezza) e da ultimo messaggio nella bottiglia di Baricco (dentro) non mi piace. Non corrisponde alla realtà vera. Troppe parole al netto dei comportamenti. L’intellettuale contemporaneo non deve fare finta di essere “gggiovane” o di inneggiare a the Game “standoci dentro”, “venendo fuori dalle biblioteche”, o peggio sostenendo che chi semplifica e urla abbia ragione tout-court, come se riconoscesse alla gente di avere tutti i diritti del mondo. Deve fare. Deve vivere diversamente. Deve testimoniare. Ma soprattutto deve rappresentare al potere, ma anche e soprattutto alle persone, dove hanno sbagliato loro. Noi. Così facevano Pasolini, Bianciardi, Parise. Solo che noi non li abbiamo ascoltati.

Io alle lame non ho mai creduto. Ho sempre creduto nelle lamette. La lama grande, quella sul palco con la folla intorno, serve solo a tagliare teste quando è tardi, quando ormai tutti quelli che non hanno usato la lametta da soli ogni giorno, guardandosi allo specchio per radere via la propria ipocrisia, pensano di dare un colpo di spugna che cancelli le proprie colpe, individuando qualcuno a cui togliere la testa al posto della propria barba. Undici anni fa la mia personale Bastiglia era una fortezza austera, simbolo del potere, simbolo dell’errore. Ma quando l’ho assalita, dentro ho trovato me, mica un altro. C’era la mia roba, mica il potere.

Oggi sono tutti incazzati con la Casta, con Emmanuel Macron, con l’Europa, e l’unico modo per governare sembra quello di fare l’incazzato pure se sei ministro, altrimenti la gente ti toglie il voto. Ma è perfettamente inutile che oggi le persone s’incazzino. La Bastiglia che vorrebbero prendere è sempre stata a loro disposizione. Solo che non l’hanno presa. Non aveva neanche il portone sprangato, era aperta. Le chiavi ce le avevano in tasca.

La folla s’incazza perché arrabbiarsi tutti insieme genericamente è il miglior modo per evitare di incazzarsi con se stessi specificamente. Nel primo caso il casino catartico farà da droga. Nel secondo, quello terapeutico farebbe da medicina.

C’è solo una cosa che mi irrita più del potere bastardo, paraculo, sfruttatore: la rabbia degli sfruttati bugiardi, falsi e ipocriti. Questo dovrebbe aggiungere Baricco. Questo ha sempre fatto l’intellettuale collegato al suo tempo.

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Cani, perché ce ne innamoriamo. E perché possiamo esserne gelosi

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