Aprite bene gli occhi e le orecchie. Perché quello che è accaduto ieri sul caso Claudio Baglioni è uno dei capitoli più grotteschi della nuova era leghisto-grillina. E, come al solito, riguarda la Rai, perenne luogo di occupazione politica, ieri come oggi. È successo questo: il direttore artistico del più importante festival della canzone italiana – un musicista e cantautore con mezzo secolo di carriera – va a una conferenza stampa. Una giornalista gli fa una domanda sul caso delle due navi Sea Watch 3 e Sea Eye non lasciate attraccare nei porti italiani col loro carico di umanità intirizzita e terrorizzata e lui risponde con queste testuali parole: “Se non fosse drammatica la situazione di oggi, ci sarebbe da ridere. Ci sono milioni di persone in movimento, non si può pensare di risolvere il problema evitando lo sbarco di 40-50 persone, siamo un po’ alla farsa“. Una frase che appare così di buon senso da essere quasi descrittiva. E poi Baglioni aggiunge: “Serve la verità di dire: è un grave problema, dobbiamo metterci tutti nelle condizioni di risolverlo”. E ancora: “Credo che le misure prese dall’attuale governo, come da quelle precedenti, non siano assolutamente all’altezza della situazione”.

Nulla di più. Baglioni dice ciò che pensa e, anche, sente. E cioè che la questione dell’immigrazione è un dramma, che è un dramma che poche decine di persone vaghino respinte in una nave dove cibo e acqua scarseggiano, che i politici di oggi e di ieri non gli sembrano all’altezza della situazione. Per queste semplici frasi, l’opinione di una persona pubblica che ha tutto il diritto di dire ciò che pensa – perché resta una persona con i suoi valori e le sue idee, anche quando indossa la divisa di direttore di un festival – si scatena una bagarre che ha qualche eco di censura anni Venti: strisciante e goffa, appunto.

Ed ecco le reazioni: la direttrice di Rai1 Teresa De Santis equipara la risposta a una giornalista in una conferenza stampa a “un comizio”, come se Baglioni avesse dovuto fare, chissà, scena muta, dicendo “a questa domanda qui è vietato dare risposta”. Non solo: sempre De Santis (a cui la Stampa ha attribuito in un retroscena non confermato: la frase “Mai più all’Ariston se resto io”), ha aggiunto che Sanremo sono “solo canzonette, o almeno dovrebbero esserlo”. Insomma la direttrice di Rai1 sminuisce il programma di punta della sua rete, dicendo che è, o dovrebbe essere, una cosa scema per gente scema.

L’apice è raggiunto, guarda caso, da Matteo Salvini. Lui, che interviene sulla qualunque, lui che ormai discetta persino di quale sia la giusta alimentazione nazionalista, twitta che “i cantanti cantano, i ministri parlano”. Come se le canzoni non avessero parole dentro. Come se le canzoni non veicolassero contenuti, idee, ideologie, prese di posizioni sul mondo, su ciò che accade, su quello che è giusto e su ciò che è ingiusto.


Infine l’ad Fabrizio Salini interviene anche lui con una goffa dichiarazione: “Stiamo lavorando per far sì che il direttore artistico, in un clima di piena collaborazione, possa realizzare un festival in linea con le aspettative del grande appuntamento che unisce il Paese”. Esternazione che suona un po’ così: ora cercheremo noi di farlo collaborare e fare un festival in cui si mette a tacere qualsiasi considerazione che riguardi il mondo “là fuori”, qualsiasi idea, contenuto, frase che possa “disunire il Paese”. In altre parole un monopensiero, un pensiero unico, senza alcuna sbavatura critica, non sia mai che alla gente si possano aprire gli occhi su certe cose.

L’Italia è sempre stata ed è un Paese che ha un deficit pesante di intellettuali veri. E per intellettuali veri intendo qualsiasi persona di calibro, uno scrittore come un cantautore, che dica la sua sulla realtà contrastando il conformismo, svegliando chi si sta per addormentare, dando fastidio ai politici che ci vorrebbero – anche oggi e persino con un governo nel quale uno dei due partiti è grande fautore di democrazia diretta – tutto sommato silenti e passivi sui temi più scomodi. Gli scrittori, sceneggiatori e autori di “sinistra”, con la sola eccezione di Roberto Saviano – che può piacere o meno, ma almeno è un vero intellettuale – sono caduti da decenni in un letargo insopportabile, tesi solo a massimizzare il proprio tornaconto e bottino in termini di contratti e incarichi, qualunque partito ci fosse al potere, da Berlusconi a Renzi. A destra, non c’è quasi traccia di pensatori degni di questo nome.

In generale, sono assenti voci veramente autorevoli che intervengano nel dibattito pubblico con forza, svegliando le coscienze. Con poche semplici parole, Baglioni ci è riuscito. Tutto il resto non è “un po’ farsa”, come ha detto il direttore del festival. È veramente farsissima.

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