Eccoci nuovamente alla querelle sul “fine vita” della seduttività femminile, termine ovviamente stabilito da alcuni uomini, assoluti maitre à penser dell’estetica e del (loro) piacere. È
noto che le donne, come molti prodotti deperibili, hanno una data di scadenza, per via della loro gradevolezza fisica che si estingue assai in fretta. In linea con questo pensiero, e in tempo per pubblicizzare l’uscita di un suo prossimo libro, tal Yann Moix, scrittore francese 50enne molto noto in patria per la rissosa vis polemica che lo premia in tv, scandisce granitico su un noto femminile, alla domanda se si possa “amare” una donna di 50 anni: “Ah no, non esageriamo, è impossibile – afferma. Le trovo troppo vecchie; forse quando avrò 60 anni ne sarò capace, allora una donna di 50 mi sembrerà giovane. Sono invisibili – chiosa Moix – preferisco i corpi delle donne giovani, tutto qua. Punto. Il corpo di una donna di 25 anni è straordinario, quello di una donna di 50 anni non lo è affatto”.

A nulla valgono le immagini, pubblicate dalla rivista, di notissime attrici over 50 che non è possibile (se non mentendo alla grande) trovare poco attraenti e seducenti. Le reazioni alle esternazioni non si sono fatte attendere: dalle attiviste come Mona Chollet a Inna Shevchenko, passando per la giornalista Valerie Treirweiler (protagonista della copertina di Charlie Hebdo modello Femen), molte donne hanno rimandato al mittente la spocchia misogina di Moix, il cui sguardo categorizzante le donne e il loro corpo alla stregua di un quarto di bue dal macellaio è parso triste, ritrito e banale.

La questione, però, non è cosa pensi questo signore, quanto piuttosto la continua e martellante diffusione di giudizi sulle donne pensate solo come bella carne fresca, nonostante in molte siano in posizioni di spicco nelle società occidentali grazie non alla bellezza ma al loro sapere, alla loro istruzione, alla loro competenza e autorevolezza. In altre parole il problema è quanto potere formativo ed educativo abbia la trasmissione reiterata della visione della bellezza femminile come pura superficie, derma, apparenza, configurando così il corpo, e per traslato la sessualità e l’eros, come un opaco esercizio estetico privo dello spessore dell’emozione dell’incontro con la storia peculiare, unica e irripetibile, di ogni essere umano. Il corpo di una/un 25enne è ovviamente più tonico e fresco rispetto a uno di 50, bella scoperta. Ma, per dirla con Anna Magnani, rinunciare alle rughe e al passaggio del tempo su volto e corpo varrebbe a dire cancellarsi, perché “ci ho messo una vita a farmele”. La bellezza dell’asino evapora in un soffio, ma ciò che non si estingue, se c’è spessore oltre al bel faccino, è la preziosa e assai più erotica bellezza dell’esperienza e dell’intelligenza, il vero tesoro.

I “pensatori” come il divo tv francese diffondono al vasto pubblico opinioni, quindi ahimé cultura popolare, che ribadiscono il pericoloso cliché secondo il quale l’uomo può essere brutto ma con il tempo diventa interessante, mentre la donna deve essere bella e giovane e poi, semplicemente, non esiste più. Invisibile. Per esempio, in Italia, circa 5 milioni di donne over 50 trasparenti? Davvero? Spesso i protagonisti della vicenda mediatica dimenticano di collegare il cervello alla lingua prima di emettere suoni, se si tratta di donne: come ad esempio l’uscita di Carlo Freccero, direttore di Rai2, che ai microfoni di una radio sportiva ha esternato il suo “brivido erotico” per le donne velate dell’Arabia Saudita (il burqa attizza assai, alla faccia della segregazione).

Siamo all’inesauribile fiera dell’eloquio da caserma, palestra o bar sport, a voi la scelta. Per alcuni uomini che hanno voce pubblica, l’età che passeggia sui corpi femminili ha effetti diversi rispetto al loro. Così, qualcosa che succede su entrambi i sessi diventa, per le donne, una condanna, un’ossessione per la perdita della centralità dell’apparenza (diventi invisibile, come bene dice Moix) mentre per gli uomini è un’opportunità per riguadagnare potere, se la giovinezza non ne fosse stata prodiga: i capelli bianchi in una donna sono il segno dello sfiorire, in un uomo assumono il tratto interessante della maturità intrigante.

Ancora ben radicato, il pregiudizio sulla donna agée grava su metà del genere umano, e favorisce una narrazione e una cultura collettiva tossica e spregiativa. Ma attenzione: come fa notare Germaine Greer nel suo La seconda metà della vita: “Le donne che superano i 50 anni formano già uno dei gruppi più popolosi nella struttura del mondo occidentale. A condizione che si piacciano, non sono destinate a essere una minoranza oppressa. Per riuscire a piacersi devono rifiutare la tendenza estrema a banalizzare la loro identità e funzione. Una donna adulta non dovrebbe mascherarsi da ragazzina per rimanere nella terra dei vivi. Sono sempre esistite donne che ignoravano la lusinga dell’eterna giovinezza e accettavano di invecchiare, che convivevano col climaterio con un certo grado di indipendenza e dignità e cambiavano la loro vita per dare alla loro nuova condizione di adulte spazio per funzionare e fiorire. In un mondo infantile questo comportamento è visto come una minaccia. Nessuno sa cosa fare di una donna che non è sempre sorridente e adulante”. Il signor Moix è avvertito.

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