Un ristorante a due passi dal’Arco di Trionfo a Parigi. Il nome? Corleone by Lucia Riina. È la nuova attività aperta dall’ultimogenita del boss di Cosa nostra. La figlia del capo dei capi (nella foto davanti alla tomba del padre) racconta la nuova avventura con un post su una delle sue pagine facebook. “Vita nuova dallo scorso autunno a Parigi”, scrive Lucia Riina, 39 anni, condividendo alcune foto della Ville Lumière. Il cambiamento al quale si riferisce è probabilmente il trasferimento e l’apertura di un ristorantino nella capitale francese. Il locale che promette “autentica cucina siciliana-italiana da scoprire in un ambiente elegante e accogliente” è in Rue Daru una stradina non lontana dall’Arc de Triomphe, dal parco di Monceau e dal celebre Lido, il cabaret che fa spettacoli noti in tutto il mondo con ballerine bellissime e fantasiosi acrobati. La notizia raccoglie la reazione di Nicolò Nicolosi, sindaco della città siciliana: “È inaccettabile che chi ha massacrato Corleone, contribuendo a marchiarla in maniera infame, oggi possa usare il nome del Paese per trarne vantaggio economico”.

Il ristorante è intestato alla società per azioni Luvitopace con un capitale sociale di mille euro e il cui presidente è Pierre Duthilleul. Al numero di telefono del locale risponde un giovane che parla perfettamente italiano. Alla domanda se fosse possibile parlare con Riina o con il marito l’interlocutore si consulta con un’altra persona e poi dice di non potere dire nulla, di non poter fornire informazioni. Spiega però che i proprietari sono due francesi e che forse la gestione è affidata alla coppia corleonese. Lui è solo il direttore di sala. Via chat, invece, Lucia Riina chiede il “rispetto della privacy‘ e dice che “non rilascia interviste”.

La più piccola dei figli del padrino mafioso corleonese, che seppe chi fosse il padre dopo il suo arresto il 15 gennaio del 1993, da tempo desiderava lasciare Corleone dove si sentiva “oppressa” ed “emarginata” e dove sosteneva di avere con la famiglia un basso reddito. Nel 2017 si era vista rifiutare il bonus bebè dopo la nascita della figlia due volte dal Comune di Corleone e una volta dall’Inps. Proprio in quell’ occasione scrisse su facebook: “Chiederemo al presidente della Repubblica la revoca della cittadinanza italiana sia per noi che per nostra figlia così sarà chiaro al mondo intero come l’Italia politica e mediatica tratta i suoi figli, perché sono brutti, sporchi e cattivi”. Lucia Riina da anni ha scoperto di avere una vena artistica e ha cominciato a dipingere organizzando anche qualche mostra.

Nel 2008 si è sposata con Vincenzo Bellomo, un giovane di Corleone che faceva il rappresentante di prodotti vinicoli e alimentari. Il marito, che ha 44 anni, era stato al centro delle attenzioni investigative antimafia perchè sospettato di essere il “Vincenzo Belluomo” di cui si parlava in un pizzino ritrovato nel covo di Montagna dei Cavalli, a Corleone, dov’è stato arrestato l’altro padrino corleonese Bernardo Provenzano.

Il Cafè-restaurant parigino ha la facciata in legno e vetro sormontata da una tenda verde col nome e la firma autografa che Lucia Riina utilizza anche per i suoi quadri. Spicca lo stendardo con lo stemma di Corleone: un leone rampante che stringe un cuore. All’interno il bistrò ha un aspetto elegante con luci soffuse tavolini in marmo bianco, sedie e divanetti in legno e imbottitura verde scuro che richiamano lo stendardo e la tenda esterni. Il primo cittadino di Corleone ha attaccato la decisione di Lucia Riina di intitolare il suo ristorante alla città in provincia di Palermo. “Negli anni – dice Nicolosi – abbiamo assistito spesso all’abuso del ‘marchiò Corleone, servito per promuovere beni di ogni tipo. Se questo uso viene fatto da aziende in regola, da persone perbene per far conoscere nel mondo le eccellenze del territorio, non possiamo che esserne felici. Non è ammissibile, invece, che a usare il nome del paese sia chi ha maltrattato Corleone, siano persone legate al boss Totò Riina, come in questo caso. Faremo di tutto  per neutralizzare questa iniziativa e metteremo in campo le armi di cui la legge ci dota“. Lo Statuto comunale di Corleone limiterebbe anche l’uso dello stemma del Paese, il leone rampante con il cuore: “Verificherò questo aspetto e vedremo se in qualche modo potremo bloccarne l’uso”.

Appena ieri si era avuta notizia del conto presentato dallo Stato ai Riina: ai parenti del capo dei capi di Cosa nostra è stata notificata da Riscossione Sicilia una cartella esattoriale di circa due milioni di euro. Sono le spese sostenute per il mantenimento in carcere del boss corleonese, arrestato il 15 gennaio del 1993 e morto il 17 novembre 2017, dopo ventiquattro anni di detenzione in regime di 41 bis.

Articolo Precedente

Mafia, il procuratore Cafiero De Raho: “Il 2019 sarà l’anno della cattura di Matteo Messina Denaro”

next
Articolo Successivo

Trattativa, Fiandaca contro Di Matteo e il processo (anche dopo le condanne): “Dai giudici un pregiudizio mafiocentrico”

next