Urla e insulti in commissione, sospensione dei lavori, conferenze dei capigruppo, proteste e provocazioni in Aula, una rissa sfiorata e lancio di libri: è questo il riassunto della discussione in corso alla Camera sulla manovra. Uno scontro che prosegue fino all’ultimo giorno, con il governo che ha posto la questione di fiducia: sabato a partire dalle ore 18.30. Sarà il penultimo atto di una corsa contro il tempo, così da arrivare all’approvazione definitiva entro il 31 dicembre ed evitare l’esercizio provvisorio. Tutti respinti i tentativi di ostruzionismo dell’opposizione, compresa la richiesta avanzata dal Pd di rinvio in commissione del testo, mai realmente discusso dopo l’approvazione con fiducia in Senato. Ma la battaglia continuerà anche fuori dall’Aula: il 9 gennaio la Consulta esaminerà il ricorso prensentato dal capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci e altri 36 senatori democratici con cui viene sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sull’iter di approvazione della manovra. Secondo i dem, il governo ha scavalcato le prerogative parlamentari. 

“Evitiamo di dare questo spettacolo“, ha detto il presidente della Camera, Roberto Fico, alle opposizioni. Uno spettacolo che parla del testo della finanziaria lanciato dal deputato Pd Emanuele Fiano all’indirizzo del sottosegretario all’Economia Massimo Garavaglia che, alle contestazioni dell’opposizione ha risposto scherzando: “Non c’è problema, basta che non mi tirino un altro libro in testa…”. Ma la cronaca parlamentare registra anche un’altra rissa sfiorata in Aula tra Daniele Marattin del Pd e Nicola Molteni della Lega. Non c’è stato contatto solo perché sono intervenuti i commessi.  “Non è modo, è inaccettabile, ognuno resti al suo posto”, ha detto Fico. Marattin e Molteni, alla fine, si sono “chiariti”, ma la tensione resta alta.

Già poco prima che iniziasse l’esame del testo, il presidente Fico ha dovuto sospendere la seduta per 10 minuti per le proteste inscenate dalle opposizioni. Fiano, Enrico Borghi (Pd) e Carlo Fatuzzo (Fdi) hanno raggiunto i banchi della presidenza, sbattendo un fascicolo di emendamenti tra urla e insulti. Così Fico ha sospeso la seduta e convocato la conferenza dei capigruppo “come richiesto dall’opposizione”. I rappresentanti delle opposizioni però, hanno subito abbandonato la capigruppo di Montecitorio per protesta contro Fico che non ha fatto votare la richiesta di sospensione dell’Aula. 

La protesta delle opposizioni – A far insorgere le opposizioni è la scadenza ravvicinata dei termini per l’approvazione della manovra, motivo per cui il testo è stato inviato in Aula “senza discutere né votare” i circa 350 emendamenti che erano stati presentati. “Per la prima volta le opposizioni non hanno votato nemmeno un emendamento della legge più importante dell’anno. Questo è uno sfregio al popolo e alla Camera”, ha detto il deputato del Pd  Borghi alla ripresa dei lavori in Aula dopo lo stop. “Il presidente ha il dovere di tutelare le minoranze. La democrazia si qualifica non in rapporto a una dittatura della maggioranza ma alla tutela delle minoranze”.”Non posso entrare fino in fondo nel merito della organizzazione dei lavori della commissione Bilancio, ma auspico un dibattito grosso e sostanziale e che il lavoro sia fatto dal Parlamento in un modo diverso”, ha replicato Fico. “Quello che è successo non ci permette di confermare il giudizio di imparzialità su di lei“, ha rincarato Maria Stella Gelmini di Fi, accusandolo di aver “temporeggiato per evitare che si tenesse una votazione su cui la maggioranza era chiaro non avesse i numeri”. “Posso aumentare i tempi degli interventi, ma nella consapevolezza che il 31 dicembre si avvicina e che questa legge di Bilancio non può per me arrivare al presidente della Repubblica il primo gennaio“, ha risposto Fico. 

Sulla questione delle tempistiche è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza stampa di fine anno: “Mi rendo conto che non si è creata la situazione ideale al Senato – ha detto Conte-, ma c’è la prospettiva di una contrazione forte dei tempi, siamo arrivati in zona Cesarini per il varo della manovra. Confidiamo che una situazione del genere non si presenti più. In ogni caso, non c’è stata nessuna deliberata volontà del governo di comprimere i tempi”. “Ad esempio, nel rispetto delle Camere, confidiamo che le riforme istituzionali rimangano nell’alveo parlamentare con il contributo di tutti”.

Pd presenta ricorso alla Consulta – “Abbiamo depositato un ricorso che si è reso necessario per ciò che è successo in queste settimane, prima al Senato e ora alla Camera. Ci appelliamo alla Corte per ristabilire le regole essenziali di questa democrazia“, ha detto il capogruppo del Partito Democratico a palazzo Madama, Andrea Marcucci, nel corso della conferenza stampa in cui, con Matteo Orfini, Dario Parrini e Stefano Ceccanti, ha illustrato le ragioni del ricorso alla Corte costituzionale dopo le tensioni sull’esame della manovra.

“La maggioranza ha presentato un maxiemendamento con oltre 1500 commi e ha impedito ai parlamentari di conoscerne i contenuti. Il testo è stato votato senza che nessuno sapesse cosa ci fosse scritto. Una cosa di una gravità senza precedenti. Noi avevamo proposto di concludere i lavori il 26 dicembre” per permettere ai parlamentare di esaminare il maxiemendamento, “questo non avrebbe comportato alcuno slittamento, nessuno vuole andare in esercizio provvisorio… ma la risposta è stata negativa”, ha aggiunto Marcucci. “C’è stata una volontà precisa del governo, da protagonista, e della maggioranza, che subisce la volontà del governo, di impedire ai parlamentari di sapere cosa stessero votando. Le regole sono state calpestate. È stato ridicolo sentire i senatori di maggioranza che parlavano di una manovra che non conoscevano. La democrazia va difesa nel palazzo”, ha sottolineato ancora il presidente dei senatori dem.

Urla e insulti in commissione bilancio – Nella notte c’era già stata bagarre in Commissione bilancio dove con i voti della maggioranza M5s-Lega è stato approvato intorno alle 2 di notte il mandato al relatore. Pd e Forza Italia hanno votato contro. I toni si sono alzati dopo che il ministro ha replicato alle critiche del Pd, dicendosi “massacrato” dalle accuse e attribuendo al precedente governo la responsabilità della situazione difficile sul fronte della finanza pubblica, delle clausole Iva e dei rapporti con Bruxelles ereditata dall’attuale esecutivo. In Commissione si sono susseguiti urla e insulti. E il Pd, con Enrico Borghi, ha iniziato a protestare, difendendo il ruolo del Parlamento

A chiedere di intervenire anche i dem Luigi Marattin e Maria Elena Boschi. Ma l’atmosfera si surriscalda, fino a richiedere l’intervento degli assistenti parlamentari, quando il deputato M5s Leonardo Donno dice – a quanto riferiscono diverse fonti – al capogruppo Pd in commissione Luigi Marattin: “Stai zitto, deficiente”. Secondo i dem il deputato pentastellato avrebbe poi “insultato anche altre parlamentari tra cui Boschi, Paita, Serracchiani“. Il parapiglia si protrae per qualche minuto. E la calma torna solo quando Donno si scusa con i colleghi. Poi prende la parola il presidente dei deputati Pd Graziano Delrio che al ministro obietta: “Dovrebbe rispondere alle domande e invece sta facendo un comizio”. Tria a quel punto riprende la parola: “Non faccio comizi, perché non li so fare. Mi sono scaldato quando parlavo di macroeconomia perché mi appassiona. Ma se qualcuno si è sentito offeso dalle mie parole mi scuso”.

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