La Bundesbank ha rivisto al ribasso le stime di crescita della Germania per l’anno in corso e il successivo: nel 2018 il Pil crescerà solo dell’1,5% (contro il 2% previsto sei mesi fa). Mentre per il 2019 e il 2020 la banca centrale tedesca parla adesso di una crescita dell’1,6%, (contro l’1,9% previsto a giugno per il 2019). Se da un lato i tassi di crescita medi annuali saranno abbastanza stabili, gli aumenti trimestrali nel corso del 2019 saranno considerevolmente più alti rispetto al 2018 e poi caleranno di nuovo, spiega l’istituto.

Anche gli istituti economici hanno abbassato le stime di crescita della Germania, e fra questi si è distinto l’Ifo, con uno scenario particolarmente pessimistico: secondo gli economisti di Monaco il Pil nel 2018 crescerà dell’1,5% mentre nel 2019 solo dell’1,1% (-0,8 rispetto alle stime autunnali). Nel 2017 il pil tedesco è cresciuto del 2,2%. Nessun osservatore indica però segnali di una possibile recessione in vista.

I nuovi dati diramati il 13 dicembre dall’Ifo – nel 2017 il pil della Germania è cresciuto del 2,2% – arrivano dopo giornate caratterizzate dai forti timori per una Brexit disordinata. Nonostante la premier britannica Theresa May abbia superato il voto di fiducia, resta un clima di incertezza sull’accordo di Londra con l’Ue, che avrà un impatto anche sulla Germania e i partner dell’eurozona. Il 12 dicembre il gabinetto di Angela Merkel ha approvato una legge di “accompagnamento fiscale alla Brexit”, nella quale si prevedono reazioni anche all’ipotesi peggiore, quella di un’uscita senza intesa, per settori come finanza e fisco.

“Siamo entrati in una fase di raffreddamento“, ha affermato il capo delle stime sulla crescita dell’Ifo Timo Wollmershaeuser, che ha puntato il dito anche sulle difficoltà dell’industria dell’auto. Sulla prospettiva della crescita dell’economia tedesca incide ovviamente anche la minaccia della guerra commerciale lanciata da Washington, che ricatta da tempo proprio la Germania coi dazi sulle sue auto.

L’11 ottobre il ministro dell’Economia Peter Altmaier aveva abbassato le previsioni di crescita del governo per il 2018 e il 2019 all’1,8% dal 2,3% e 2,1% preventivati in precedenza. Tra le cause indicate dal titolare del Tesoro anche la mancanza di lavoratori qualificati. Un fenomeno denunciato una settimana più tardi dalla Camera tedesca del Commercio e dell’Industria:  “Le aziende sono notevolmente più caute riguardo alle loro prospettive di business, vediamo il più grande peggioramento delle aspettative di business da quattro anni a questa parte”, rilevava l’organizzazione. Secondo un cui sondaggio condotto tra oltre 27mila manager, le aziende consideravano il “labor shortage” e l’aumento dei costi del lavoro come principali rischi per le loro prospettive. Tra i settori più colpiti l’edilizia, i trasporti e la salute.

In linea con quello dell’Eurozona, in Germania si registrano segnali di frenata dell’indice Pmi che monitora il settore manifatturiero: quello tedesco segna un calo a dicembre a 51,5 punti, da 51,8 di novembre, il livello più basso da marzo del 2016 ed inferiore alla stima media di 51,7.

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