di Carlo Lai

Nell’ultima manovra sono stati approvati dalla Commissione bilancio della Camera dei cambiamenti in merito alla materia della maternità. Con l’attuale manovra, previa autorizzazione del medico, le future mamme potranno continuare a lavorare fino all’ultimo mese di gravidanza, potendo così usufruire dei cinque mesi del congedo previsto anche dopo il periodo successivo al parto. Precedentemente all’attuale approvazione, sussisteva l’obbligo di astensione di uno o due mesi prima della nascita del bambino.

Tale variazione, oltre a portare con sé un cambiamento culturale del modo di vedere la famiglia, ha una serie di implicazioni importanti sul rapporto tra madre, padre e bambino. Il periodo che precede il parto è caratterizzato da uno stato fisiologico definito baby blues in cui la futura mamma vive una condizione e una sensazione indefinita di malinconia, inquietudine e inadeguatezza. Il significato psicologico e fisiologico di tale condizione è probabilmente spiegabile con l’esigenza di creare uno spazio interno ed esterno a sé che permetta di poter accogliere nel modo migliore il piccolo nascituro. L’idea di creare una norma che sostenga il poter continuare a lavorare in un periodo così delicato nella relazione tra la mamma e il futuro bambino sembra non tener conto dell’importanza di dare tempo a tale delicato momento.

Il periodo che precede il parto, inoltre, è di per sé fondamentale per prepararsi al cambiamento di vita che subentra in concomitanza della nascita del bambino. I ritmi della madre, infatti, saranno totalmente scanditi da quelli del figlio, la coppia diventerà triade lasciando spazio al nuovo arrivato e portando con sé diversi cambiamenti. Questo lascia pensare che i mesi precedenti al parto potrebbero essere utili alla madre per creare un progressivo distacco da un certo tipo di vita a un’altra, dove le priorità cambiano. Questa progressività di cambiamento può permettere sia alla madre che al padre di non percepire un netta frattura dalla vita di coppia alla vita genitoriale, dalla vita da lavoratori a tempo pieno alla vita da madre e padre.

Tale lasso di tempo circoscritto e intenso, dunque, necessita di tutela e protezione per garantire ai neo-genitori di potersi avvicinare gradualmente al loro ruolo con aumentata consapevolezza e di vivere l’evento della nascita con naturalezza, favorendo, non in ultimo, la partecipazione attiva della donna al parto e tenendo in forte considerazione i cambiamenti che il nuovo ruolo genitoriale porta con sé a livello di identità personale e di dinamiche di coppia.

Inoltre, favorire il lavoro della neomamma in prossimità del parto implica ulteriori limiti alla possibilità di creare momenti di vicinanza tra la mamma e il papà, nell’arco di un periodo di tempo prolungato e intimo, in cui il nucleo familiare può adoperarsi per accogliere il piccolo, condividendo stati affettivi ed emozioni. Alcuni recenti studi hanno mostrato come il fantasticare sul futuro bambino nei mesi precedenti al parto possa sostenere il benessere dei genitori e favorire una migliore comunicazione tra il neonato e il bambino. Considerato il crescente aumento della depressione post-partum a livello nazionale, va considerata l’importanza di tale periodo sensibile per lasciare ai neogenitori la possibilità di prepararsi ad affrontare i cambiamenti che occorreranno nella loro vita con l’avvento di un bambino.

In considerazione di tutto questo, il cambiamento introdotto nella manovra suggerisce una certa cautela: se da un lato si privilegia l’importanza di conservare l’autonomia e la capacità produttiva e lavorativa della neomamma, dall’altra emerge infatti la necessità di preservare e proteggere il suo ruolo generativo e genitoriale insieme al padre.

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