Una delle più grandi aziende di costruzioni d’Italia è a un passo dal fallimento. Ma le sue controllate hanno siglato contratti di consulenza con due esponenti del Giglio magico di Matteo Renzi: il fratello di Maria Elena Boschi, Emanuele, e Alberto Bianchi, l’avvocato per anni alla guida di Open, la cassaforte dell’ex premier. È quello che ricostruisce l’Espresso nel numero in edicola domenica.

Il settimanale dedica un’inchiesta al crac di Condotte per l’Acqua spa, citando  “testimonianze ed interviste, la consultazione di alcune relazioni dei commissari straordinari” della società “spedite in procura, decine di documenti interni della società e delle sue controllate, contratti di consulenza, dossier dell’Anac e carte di altre procure della Repubblica”. Sulla vicenda la procura di Roma ha aperto un’indagine che al momento senza indagati.

Il giornale diretto da Marco Damilano racconta come il fratello dell’ex ministra delle Riforme e il consigliere di Renzi abbiano ottenuto contratti di consulenza da due controllate di Condotte: la Inso  e la Nodavia spa. Si tratta delle due società che stanno realizzando la nuova Tav di Firenze: secondo i nuovi commissari, hanno contribuito al crac di Condotte “in maniera significativa”. Committente della Tav  è Rfi, controllata da Ferrovie dello Stato.

Consultando l’agenda elettronica della proprietaria di Condotte e delle sue controllate, Isabella Bruno Tolomei Frigerio, si scopre tra l’altro che ministri ed esponenti del governo Renzi e del governo Gentiloni hanno concesso appuntamenti alla donna, al marito Duccio Astaldi (amministratore delegato del gruppo arrestato lo scorso marzo per corruzione dalla procura di Messina) e a Franco Bassanini. L’ex ministro di Romano Prodi è stato presidente del consiglio di sorveglianza di Condotte ma anche “consigliere speciale” di Palazzo Chigi, sia con Renzi che con Gentiloni.

Il contratto di Bianchi è firmato da Nodavia nel 2016. Quello di Emanuele Boschi viene siglato da Inso nel 2018. Il collegio sindacale si riunisce il 9 maggio quando il gruppo è già in crisi profonda. Per Boschi Inso stacca un assegno da 150mila euro. Nel verbale del collegio sindacale si evince come i membri non fossero convinti della decisione dei “vertici aziendali” di conferire l’incarico a Boschi “che già conosce la società”. Frase quest’ultima che porta il giornale a chiedersi: il fratello dell’ex ministra aveva già avuto altri incarichi in passato nella ditta? I sindaci di Inso chiedono al consiglio di amministrazione di selezionare l’esperto “tra una rosa di possibili candidati”.

Tre settimane dopo, il 31 maggio – cioè l’ultimo giorno in carica della sorella Maria Elena come sottosegretaria alla presidenza del consiglio – viene siglata la scrittura privata su carta intestata dello studio BL. Soci dello studio sono lo stesso Boschi, Federico Lovadina e Francesco Bonifazi, altro fedelissimo di Renzi e tesoriere del Pd. Il compenso è da 150mila euro, a cui aggiungere l’Iva, la cassa di previdenza e spese varie. Il pagamento è a vista: i manager di Inso scrivono che “gli importi fatturati” da Boschi junior “saranno da pagarsi a vista fattura”. Il contratto è tutelato anche da un clausola di riservatezza: “Inso si obbliga a non divulgare a terze parti il contenuto del presente conferimento d’incarico, che riveste carattere di riservatezza per espressa pattuizione delle parti”.

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