di Margherita Cavallaro

Alla fine è successo: ho ottenuto il dono della veggenza. Scrivo un articolo sui generi usando a esempio i Cavalieri dello Zodiaco ed ecco che arriva il nuovo trailer da Netflix del reboot! E non solo i personaggi sembrano disegnati dai creatori di Dora l’Esploratrice e resi in un 3D dubbioso, ma uno dei personaggi principali sembra aver completato il processo di riassegnazione sessuale. Uno dei Cavalieri principali è stato reso donna. Chi sarà mai? Forse, rivoluzionalmente, il protagonista Pegasus? No. Quello che, anche se combatte cazzutissimamente, è di principio contro la violenza e che ha l’armatura rosa.

La responsabilità se l’è presa lo sceneggiatore Eugene Son, che ha spiegato su Twitter come quella sua scelta fosse stata dettata dal voler includere nel team principale dei Cavalieri una figura femminile, per aumentare la diversità del cast e fornire un personaggio che fosse una donna forte. Chiariamoci: Andromeda è un personaggio bellissimo, ma non dimentichiamoci che di figure femminili eccezionali l’anime originale è pieno. Non si poteva dare spazio a Castalia, Tisifone, Hilda di Polaris o sviluppare il personaggio della stessa Lady Isabel, lasciando comunque l’intero ventaglio di rappresentazione di mascolinità diversa dallo stereotipo macho tra i personaggi principali? No. Quello con l’armatura rosa e le tette deve essere donna, perché nel 2018 gli stereotipi di genere ci piacciono più che negli anni 80 e perché così facciamo contenti tutti, anche quei poveretti che dicono che il cambiamento climatico è colpa di Satana e i terremoti dei matrimoni omosessuali. Un momento! Che sia forse questo un tentativo di Netflix di salvare il mondo dal buco dell’ozono e riportare la pace nel mondo?

Credo invece che questo sia proprio quello che sta alla base di Cinzia, primo graphic novel di Leo Ortolani, uscito da appena un mese. Cinzia, storico e amatissimo personaggio (nemmeno tanto) secondario di Rat-Man, è una donna trans non medicalizzata, ossia ogni volta che leggi una tavola in cui c’è lei ti compare dietro Donatella Rettore che canta live Il Cobra. Dicevo, alla base di Cinzia prima di tutto c’è una grossa sorpresa. Non quella, sciocchini! La sorpresa è che, sotto una minigonna di umorismo che gioca molto su stereotipi e battute che ci si aspetterebbe in un bar di provincia (tipo quelle che ho appena fatto volutamente, nota bene), si nasconde un’enorme sensibilità al tema e all’umanità dietro il make-up e i foulard leopardati (avrete capito che Ortolani è il Virgilio del mio Dante nella selva oscura, quando la cretina via è smarrita). Non voglio entrare nei dettagli della storia, leggetela (e ve lo dico nonostante non mi abbiano dato nessuna mazzetta)! Quello che mi permetto di rivelare è che Cinzia, quasi all’inizio dell’opera, si rammarica di dover nascondere il suo corpo e riconosce che la sua stessa esistenza viene percepita dalla società come una macchia che va cancellata o ignorata. Cinzia è vistosamente e senza compromessi se stessa e questo mette a disagio la società contemporanea che la vorrebbe Paul con una proboscide o Cinzia senza. Una società dove devi dare un esame affinché qualcun altro decida per te se sei maschio o femmina.

Cinzia

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Cinzia e Andromeda sono simili in quanto macchie, personaggi che alcuni non vorrebbero vedere, che per alcuni non dovrebbero essere lì, che confondono con il loro rifiuto di ricadere in uno stereotipo e con la loro ostinazione nel reclamare il diritto alla propria identità, individualità e dignità. La grande differenza è che Netflix, colosso multinazionale americano, ha spinto a forza Shun di Andromeda nella sala dell’esame e, in virtù del colore della sua armatura, ha deciso per lui che doveva essere donna e l’ha incatenato (raffinato umorismo) in uno stereotipo francamente imbarazzante. Leo Ortolani, invece, fa la cosa più bella che un padre possa fare per la propria figlia: lascia che Cinzia sia lei stessa. Lascia che sbagli, che soffra, che si guardi allo specchio interrogandosi perché per essere se stessa debba nascondere il suo corpo, lascia che sia lei nella sua essenza più pura.

Per una volta tanto è bellissimo vedere come, artisticamente e umanamente, siamo noi a poter insegnare qualcosa agli altri. Ancora più bello è vedere un uomo cis-eterosessuale che lo fa. Netflix ed Eugene Son devono imparare che noi donne non vogliamo prendere il posto di un personaggio storicamente maschio solo perché ha l’armatura rosa. Anzi, servirebbero più cavalieri forti abbastanza da indossarne una! E poi diciamocelo, come vedreste un autore che cambiasse Giulio Cesare in Giulia Cesarona per includere una figura forte femminile nei libri di storia, glissando poi magari su Giovanna D’Arco? Leo Ortolani, invece, ha capito benissimo che ciò che rende certi vestiti favolosi sono proprio le macchie. Tante macchie. E, come lui, dovremmo tutti imparare ad amarle tutte.

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