Circa 500 media, tra nazionali e locali, raggruppati in una fondazione i cui vertici sono in mano a uomini direttamente o indirettamente legati al partito di governo ungherese Fidesz e che non sarà sottoposta ai controlli del garante nazionale sulla concorrenza, dando così vita alla “più grande concentrazione di media pro-governativi della storia dell’Unione europea”. L’ultima puntata della guerra tra il premier magiaro, Viktor Orbán, e i media ha scatenato nuovamente lo sdegno delle associazioni per la salvaguardia della libertà di stampa e del gruppo parlamentare europeo dei Verdi. Il panorama mediatico ungherese “comincia a somigliare ai media statali ai tempi del comunismo, con simile livello di controllo e consolidamento”, ha dichiarato Zseòyke Csaky, direttore della ricerca di Freedom House per l’Europa e l’Eurasia.

L’annuncio degli editori è arrivato il 28 novembre: quasi 500 tra quotidiani, tv e radio privati, nazionali e locali, si uniranno sotto una fondazione-ombrello senza scopo di lucro nata nell’agosto scorso che si chiama Central European Press and Media Foundation (Cepmf). I proprietari dei media che hanno annunciato la decisione hanno tutti posizioni politiche affini a quelle del premier ungherese e hanno dichiarato, riporta il New York Times, di non ricevere alcun compenso per questa assimilazione.

Una concentrazione di media di questo genere aveva fatto ipotizzare un intervento dell’autorità di vigilanza nazionale, comunque presieduta da funzionari nominati dal governo, ma il premier ha pensato di eliminare anche questo problema. Il governo di Budapest, secondo quanto riportato sempre dal New York Times, ha esentato la fondazione, con un decreto pubblicato mercoledì 5 dicembre, dai controlli della vigilanza sulla concorrenza. Una decisione che ha spianato la strada a questa grande opera di concentrazione della comunicazione nazionale nelle mani di un gruppo ristretto di persone.

Come rivela un comunicato di protesta del gruppo parlamentare europeo dei Verdi, ai vertici della nuova fondazione siedono proprio personaggi direttamente o indirettamente collegabili all’area politica fedele proprio a Viktor Orbán. A capo della fondazione c’è Gabor Liszkay, ex proprietario del quotidiano Magyar Nemzet, che sotto la sua direzione assunse posizioni filo-Orbán, e “fedele alleato” del premier ungherese, secondo quanto riportato da Reporter Senza Frontiere. Membri del consiglio di amministrazione, continua la nota dei Verdi, sono invece István Varga, parlamentare di Fidesz fino al 2014, István Bajkai, parlamentare di Fidesz nella nuova legislatura e tra i fondatori del partito, e Miklós Szánthó, direttore del think tank Centre for Fundamental Rights che ha posizioni politiche pro-Fidesz.

Questa nuova creatura nata almeno con la complicità, se non per volere, di Orbán assesta un altro duro colpo alla libertà di stampa nel Paese che, da quando il leader di Fidesz è salito al potere nel 2010, ha perso costantemente posizioni nella apposita classifica stilata ogni anno da Reporter Senza Frontiere, passando dal 23° al 73° posto in 8 anni. A provocare questa discesa sono state le politiche sempre più restrittive del primo ministro. Su tutte, la cosiddetta “legge bavaglio” fatta approvare pochi mesi dopo la sua salita al potere e che costringe i giornalisti, tra le altre cose, a rivelare le fonti nel caso in cui “sia a rischio la sicurezza nazionale”, che prevede sanzioni nel caso in cui le notizie non siano “di interesse pubblico” e obbliga i media a diffondere o trasmettere solo una certa quantità massima di notizie di un certo tipo, ad esempio quelle di cronaca nera, garantendo ampio spazio, invece, alla cultura tradizionale magiara.

Twitter: @GianniRosini

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