Novanta arresti per associazione mafiosa e narcotraffico tra l’Europa e il Sud America. Il blitz è scattato stanotte nella Locride, in provincia di Reggio Calabria, dove è stata colpita la cosca Pelle-Vottari. Ma anche in Germania, in Belgio, in Olanda e in alcuni paesi oltreoceano come il Costa Rica e la Colombia da dove partiva la cocaina acquistata dalle famiglie mafiose di San Luca e di Natile di Careri. Droga che ha invaso l’Europa e i cui proventi sono stati reinvestiti dalle cosche in attività commerciali all’estero. È questa la fotografia che esce fuori dall’inchiesta coordinata dalla Direzionale nazionale antimafia e dalla Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo. L’operazione è il frutto di anni di intenso lavoro svolto nell’ambito di una Squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita presso Eurojust tra magistratura e forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania, cui hanno aderito, per l’Italia, la Procura distrettuale di Reggio e i reparti della Polizia e della Guardia di finanza.

Le accuse contestate nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip vanno dall’associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti all’associazione mafiosa, passando per il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni ed altri reati tutti aggravati dalle modalità mafiose. In manette sarebbe finito anche l’attuale reggente della cosca Pelle. Le indagini della polizia avrebbero consentito ai magistrati di scoprire che la ‘ndrangheta si serviva, tra gli altri, di un’organizzazione turca che si occupava dei doppi fondi dei camion. I dettagli dell’operazione saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 12 presso la sede Eurojust de L’Aja in Olanda e alle ore 16.30 negli uffici della Dna a Roma dove ci saranno il procurato nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri.

L’inchiesta “Pollino”, denominata anche “European ‘ndrangheta connection”, è nata nel 2014 quando le forze dell’ordine olandesi hanno segnalato a Eurojust un possibile riciclaggio di denaro. Esaminando i partner di ristoranti italiani a Horst e Venray nei Paesi Bassi, infatti, sono emersi i collegamenti tra la regione del Nord Reno-Westfalia in Germania con soggetti originari della Locride e legati alla ‘ndrangheta. Ne è venuta fuori un’associazione criminale il cui punto di riferimento era Giovanni Giorgi di 52 anni di Bovalino. Era lui che, stando agli inquirenti, il punto di riferimento delle cosche Pelle-Vottari e Romeo di San Luca, i Cua-Ietto di Natile di Careri e gli Ursini di Gioiosa Jonica per quanto riguarda il reinvestimento di capitali illeciti nel settore della ristorazione in Nord Europa.

Giorgi, infatti, si occupava, prima sul territorio olandese e poi su quello tedesco, di investire in attività commerciali il denaro della ‘ndrangheta. I boss, in questo modo, diventavano soci occulti del ristorante “La Piazza 3” e dell’adiacente gelateria “Cafè La Piazza” di Brüggen. In realtà più che occuparsi della ristorazione, secondo la Dda di Reggio Calabria, erano la sede di supporto logistico ai traffici di cocaina. La droga proveniente dall’America Latina veniva stoccata tra Olanda, Belgio, Germania e distribuita tra l’altro in diverse regioni italiane. I clan avevano una vera e propria flotta di mezzi necessaria per far giungere a destinazione la cocaina. Dal cuore dell’Aspromonte a quello dell’Europa il passo è stato breve per le cosche Pelle-Vottari-Romeo, alias “Stacchi” e Giorgi detti “Ciceri” di San Luca. Senza mai abbandonare la Calabria, molti esponenti mafiosi già da anni erano  stabilmente residenti in Nord Europa da dove coordinavano agevolmente i traffici di droga dal Sudamerica.

Tra i vertici dell’organizzazione criminale, infatti, ci sono i fratelli Giuseppe e Francesco Marando (il primo latitante) originari di Locri, José Manuel Mammoliti Josè Manuel, Giovanni Giorgi di 55 anni, Antonio Costadura alias “U Tignusu, Domenico Romeo detto “Corleone”, Francesco Luca Romeo, Sebastiano Romeo e Domenico Strangio. Tutti soggetti che, secondo la ricostruzione degli investigatori, gestivano il traffico di droga come un’azienda. Si occupavano di pianificare le importazioni e lo smistamento della cocaina che arrivava nei porti di Anversa e Rotterdam e finiva in Italia, soprattutto in Calabria e in Lombardia. Grazie ad alcuni criminali turchi, inoltre, la ‘ndrangheta aveva a disposizione tantissime auto e mezzi pesanti dotati di complicatissimi doppifondi, così da renderli praticamente “impermeabili” ai normali controlli su strada da parte delle diverse Forze di Polizia. Se i turchi, grazie a un autonoleggio, si occupavano del trasporto in Europa, altri corrieri esperti avevano il computo di far camminare la cocaina nelle strade italiane. Nel corso delle indagini sono stati eseguiti numerosi sequestri in Italia e all’estero.

Grazie alla collaborazione con la Dea americana, inoltre, sono emersi i rapporti illeciti delle cosche di ‘ndrangheta con alcuni soggetti  campani come la pluripregiudicata Maria Rosaria Campagna, compagna del boss catanese Salvatore Cappello, indiscusso capo dell’omonimo clan siciliano. Ma anche con i fratelli Serafino e Giulio Fabio Rubino. Questi ultimo, assieme alla Campagna, avevano un’enorme disponibilità economica da investire nel narcotraffico. Così, mentre Serafino Rubino, da latitante in Colombia, faceva il broker della cocaina e curava i rapporti con i narcos locali, il fratello Giulio Fabio coordinava le attività in Campania e la “donna di Napoli” manteneva i rapporti con più consorterie per garantire lo “scarico” della droga in più porti sia italiani che europei.

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