Cinema

La casa delle bambole – Ghostland, raffinatezza compositiva rara ed estetica come non vedevamo da tempo in un horror

I fan di Pascal Laugier saranno accontentati. L’esplorazione dell’umana sofferenza è al centro anche del nuovo film dell’autore francese di Martyrs, ovvero quel torture horror che nel 2008 rifece la storia del genere

di Davide Turrini

I fan di Pascal Laugier saranno accontentati. L’esplorazione dell’umana sofferenza è al centro anche de La casa delle bambole – Ghostland, il nuovo film dell’autore francese di Martyrs, ovvero quel torture horror che nel 2008 rifece la storia del genere, innalzando ancora di più la soglia di sopportazione della rappresentazione della violenza su grande schermo. Con capitali indie statunitensi, Laugier rimescola nuovamente le carte dei classici (la casa isolata, i killer folli e sconsiderati) aggiungendo la sua personalissima ossessione narrativa (donne protagoniste che subiscono brutali crudeltà psicofisiche) e introducendo un paio di varianti: l’inquietante fissità di decine di bambole di ceramica sparse per il set/casa dell’orrore e il tentativo di mescolare di continuo la percezione temporale dei fatti accaduti.

Una donna con le sue due figlie diciottenni si sta trasferendo nella vecchia casa della zia. Non bastano nemmeno venti minuti di film e un paio di loschi figuri assassini si introducono nell’abitazione distruggendo per sempre la vita del terzetto. Sedici anni dopo ritroviamo Beth adulta (Crystal Reed) diventata oramai scrittrice di romanzi horror di enorme successo. Quando arriva il momento della presentazione del volume che tratta proprio l’esperienza nella casa di zia, ecco che arriva una telefonata disperata di sua sorella Vera (Anastasia Philips) rimasta da quel giorno a vivere assieme a mamma nella casa degli orrori. A Beth non spetta altro che tornare là dove tutto è iniziato. La casa delle bambole – Ghostland ha un andamento rapido e sussultorio. L’orrore dello scontro fisico con i killer si sprigiona immediatamente e il continuo entrare uscire dalla dimensione onirica (o reale?) della casa buca leggermente quella mancanza di vie di fuga che in Martyrs (come in Hostel di Eli Roth) avevano reso il torture movie qualcosa di incredibilmente spaventoso. Allo stesso tempo l’immersione in questa casa imbalsamata tra ninnoli e bambolotti di ceramica (c’è anche una Chucky non proprio assassina ma parecchio ingombrante) è di rara raffinatezza compositiva ed estetica come non vedevamo da tempo in un horror.

La crasi corporea, infine, tra le bambole finte e le due protagoniste adulte (il trucco con tumefazione e gonfiore sui visi vale mezzo biglietto), è un vero tocco di classe per un Laugier meno totalizzante e definitivo del solito ma altrettanto efficace nel far saltare il pubblico sulla sedia. E come vuole ogni leggenda produttiva che sta dietro ad un horror, c’è anche il grave incidente accaduto realmente sul set. Proprio l’ultimo giorno di riprese l’attrice Taylor Hickson, che interpreta Vera da adolescente, nel rigirare una scena in cui sbatte la testa contro un muro, si è ritrovata con mezza faccia sfigurata per un impazzito frammento di vetro di uno specchio che le ha tagliato gota e mento, costandole cinquanta punti di sutura. La Hickson ha chiesto un cospicuo risarcimento assicurativo. La case delle bambole – Ghostland esce il 6 dicembre. Distribuisce Midnight Factory di Koch Media, quelli che hanno distribuito in Italia sia It Follows che Babadook.  

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