Dopo la guerriglia nelle strade di Parigi, la tensione in Francia ora è nelle stanze del governo. Emmanuel Macron ha dato mandato al premier Edouard Philippe di avviare dei tavoli di discussione con i portavoce dei gilet gialli. Ma la richiesta è stata rispedita al mittente per “ragioni di sicurezza”. E il presidente della Repubblica ha contestualmente rimandato la visita in Serbia in programma per mercoledì e giovedì. Ma potrebbe non bastare per fermare la crisi politica del leader di En Marche che ora, oltre ai consensi in picchiata, vede perdere sempre di più la legittimità in Parlamento.

Il dialogo con i delegati del movimento, tra l’altro, è partito subito in salita nonostante nelle scorse ore fosse filtrato ottimismo, anche perché i gilet gialli temono di essere schiacciati dagli infiltrati “casseur” che nel weekend hanno trasformato le proteste in scontri continui con la polizia. La situazione però non è facile da sbloccare. Una delle portavoce dei gilet gialli, Jacline Mouraud, l’autrice del video che più di dieci giorni fa ha dato il via alle manifestazioni, ha denunciato il fatto che da quando una parte ha detto di essere disponibile al dialogo, “hanno ricevuto minacce di morte”. Per questo, dopo aver posto come condizione per l’incontro un gesto significativo da parte del governo (dallo stop all’aumento della benzina, fino alle dimissioni dell’interno esecutivo), alla fine i delegati non si siederanno al tavolo con Philippe.

Intanto oggi, il premier ha incontrato i rappresentanti dei vari partiti politici. Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, leader rispettivamente de la France Insoumise e del Front National, hanno chiesto le elezioni anticipate e “un intervento da parte dell’esecutivo”. Per i socialisti invece il governo francese deve cambiare e capire che con il metodo “Jupiter è finita” e che “i francesi non lo vogliono più”, ha detto il segretario socialista Olivier Faure. Da parte sua, il presidente dei Républicains, Laurent Wauquiez, ha detto che l’incontro con il premier “non è stato rassicurante”. Il 4 dicembre al pomeriggio, invece, è appunto ancora previsto l’incontro con la delegazione dei gilet gialli. Intanto stasera il ministro e il segretario agli Interni, Christophe Castaner e Laurent Nuñez, saranno auditi dalle commissioni Giustizia. Il governo annuncia anche un dibattito all’Assemblea nazionale mercoledì e giovedì al Senato.

I dati ufficiali diffusi dal governo dicono che sabato primo dicembre hanno manifestato 136mila persone (166mila il 24 e 282mila il 17) e 682 persone sono state fermate (di cui 412 a Parigi) e 630 sono state indagate. I feriti invece risultano 263, di cui 81 esponenti delle forze dell’ordine. Oggi è stata poi annunciata un’altra vittima collaterale delle proteste. Secondo una prima ricostruzione rivelata da France Info, una donna di 80 anni è stata colpita al volto da “elementi” di una granata lacrimogena mentre stava chiudendo le persiane del suo appartamento nei pressi del viale di La Canebière, sabato scorso, durante le proteste a Marsiglia. Ricoverata in ospedale, è deceduta ieri in sala operatoria.

Continuano poi in tutto il Paese le manifestazioni. Oltre 100 licei sono stati bloccati in Francia stamattina, parzialmente o totalmente, da un movimento di protesta contro le riforme dell’istruzione e talvolta a sostegno dei gilet gialli. I sindacati dei liceali – come UNL, SGL, Fidl – contestano in particolare le riforme del diploma e del liceo, come pure la piattaforma Parcoursup di accesso agli studi superiori. In una nota, il sindacato SGL ribadisce il suo “sostegno ai gilet gialli pacifici” e “deplora” le violenze commesse nel fine settimana. Fra le zone più toccate quella di Tolosa (dove sono coinvolti una quarantina di istituti) e Creteil (con una ventina di scuole coinvolte). A Nizza circa un migliaio di studenti hanno manifestato a sostegno dei gilet gialli al grido di ‘Macron dimettiti’. Il sindacato francese Cgt ha invece annunciato una “grande giornata di azione” per il 14 dicembre, per chiedere un aumento “immediato” di salari, pensioni e tutele sociali. “L’assenza di risposte concrete e immediate del governo e delle imprese, il loro rifiuto di aprire veri negoziati, generano una collera legittima nella popolazione”, scrive il sindacato, in riferimento al movimento dei gilet gialli, di cui assicura di condividere la “collera”.

Per uscire dalla crisi molto dipenderà dall’effettiva possibilità di avviare un dialogo con i portavoce del movimento. Mouraud ai media francesi si è soffermata molto sul problema delle minacce ricevute e ha accusato la parte dei gilet gialli che secondo lei sono “una specie di ragazzini anarchici, manipolati”  e che non vogliono trovare “alcuna soluzione” ma soltanto “fare casino”. “Riceviamo telefonate in piena notte – ha spiegato – attacchi del tipo ‘sappiamo dove abiti, non ne hai più per molto’. Altri si sono sentiti minacciare i figli”. La portavoce ha anche detto di aver già presentato sei denunce alla gendarmeria: “Stanotte è stato il colmo – ha aggiunto – è chiaro che questa gente non vuole alcuna soluzione al conflitto, vogliono solo fare casino. Un gruppo impone la sua piccola dittatura e tutti gli altri obbediscono. Non esiste che io protegga dei ragazzini irresponsabili che vogliono andare ancora una volta a sfasciare tutto a Parigi”. Intervistata poi in mattinata dall’agenzia Ansa, la portavoce Mouraud ha detto che “a questo punto l’unica via d’uscita per calmare le acque è che il governo si dimetta”. Quello che sta accadendo “è allucinante. Il movimento iniziato pacificamente sta sfuggendo ad ogni logica e ragionevolezza. Oggi non so come riusciremo ad uscire da questo marasma”.

Ieri il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, subito dopo essere atterrato da Buenos Aires dove era impegnato per il G20, è andato a rendere omaggio alla tomba del Milite Ignoto che era stata imbrattata dai manifestanti. In giornata era stata valutata anche l’ipotesi di chiedere lo Stato d’emergenza, ma per il momento Macron ha chiesto al premier di avviare un dialogo con i portavoce. Mossa respinta al mittente. Così la guida dell’Eliseo resta in patria. Con tutta la matassa da sbrogliare, dentro e fuori il Parlamento.

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