Un anno e mezzo senza un direttore penitenziario definitivo. Un vuoto che, per motivi burocratici, spaventa chi lavora all’interno di un istituto come Bollate. Situato poco fuori Milano, è considerato da molti il carcere più avanzato d’Italia. Qui i detenuti sono liberi di muoversi senza scorta né sbarre, hanno i computer nelle stanze, possono dedicarsi ad attività ricreative come il teatro o la musica. E poi ci sono un vivaio, una redazione giornalistica, un ristorante aperto al pubblico. Attività che richiedono permessi, autorizzazioni e soprattutto qualcuno che ne conosca bene i meccanismi. Il precedente direttore di Bollate, Massimo Parisi, ha lasciato ufficialmente la carica il 24 settembre scorso dopo essere stato nominato Provveditore regionale della Calabria. Ma, come confermato da alcuni operatori del carcere, era già da diversi mesi che era costretto ad affiancare al lavoro a Bollate anche un altro incarico dirigenziale affidatogli presso gli uffici regionali della Lombardia. Soltanto da poco, quindi, la macchina del ministero di Giustizia ha iniziato a muoversi per individuarne il successore. Una nomina che, come confermato a Ilfattoquotidiano.it dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap), arriverà “entro la fine del 2019”.

Un carcere senza guida definitiva
“Bollate è una macchina da guerra che funziona a prescindere, anche indipendentemente da chi la dirige. Il problema è che tutte le attività necessitano di autorizzazioni e ora alcuni meccanismi sono rallentati”. A lanciare l’allarme è Susanna Ripamonti, volontaria che si occupa delle attività legate al giornale dei detenuti, CarteBollate. “Noi ad esempio facciamo anche un giornale radio e per fare le registrazioni devo chiedere dei permessi. Senza direttore, però, i tempi si allungano”. In realtà è stato nominato un direttore reggente, Fabrizio Rinaldi, ma il suo è un incarico pro tempore. “Bollate è un luogo grande e in un certo senso anomalo rispetto al panorama delle carceri italiane. Rinaldi sta facendo i salti mortali per capirne il funzionamento, è comprensibile che un dirigente non ne colga subito la visione”, spiega Roberto Bezzi, capo dell’area educativa. “Io per ora non vedo dei rallentamenti. Semmai i problemi ci saranno quando dovranno essere realizzati dei nuovi progetti per i detenuti”. Dal vivaio al ristorante, fino ai laboratori di sartoria e di lavorazione del cuoio, l’obiettivo di Bollate è quello di costruire per i reclusi dei percorsi concreti di reinserimento sociale. “Qui non facciamo niente di straordinario, semplicemente applichiamo la legge. Responsabilizziamo i detenuti e chiediamo loro di assumersi degli impegni. Molti dei servizi di cui godono sono aperti anche ai cittadini”, aggiunge Bezzi. Una visione confermata dai risultati: secondo una ricerca condotta dall’Università dell’Essex e dall’istituto Einaudi nel 2012, il tasso di recidiva dei detenuti che trascorrono del tempo a Bollate è molto più basso rispetto a chi è recluso in un altro penitenziario. “Il motivo è semplice – conclude Bezzi – Se nel carcere fai un percorso educativo e scopri un lavoro che ti piace e che ti permette di vivere nella legalità, non ci pensi nemmeno a tornare a fare delle rapine o a commettere altri reati”.

La nomina del nuovo direttore
A dirsi preoccupata per il futuro è anche Silvia Polleri, responsabile di InGalera, il primo e unico ristorante in Italia realizzato in un carcere, aperto al pubblico e gestito dai detenuti insieme a un team di professionisti. “Per ora la nostra attività non è stata intaccata, ma non nascondo che la paura è tanta. Senza una guida certa che abbia memoria storica di quanto fatto negli ultimi 15 anni, rischiamo di sparire”. E a perderci sono solo le persone recluse. “Ridurre la recidiva è un obiettivo che tutte le carceri dovrebbero porsi, perché c’è un risvolto sociale ed economico. Il fatto di non avere ancora la nomina del nuovo direttore è follia pura”, aggiunge Polleri. “È come se un’azienda non avesse più un amministratore. Il reggente può reggere temporaneamente la situazione, ma a lungo termine è inimmaginabile andare avanti senza problemi”. Per arrivare a una soluzione definitiva, però, c’è ancora da aspettare. Contattato da IIfattoquotidiano.it, il Dap del ministero di Giustizia fa sapere che per individuare il nuovo direttore deve essere indetto un interpello “per incarico superiore” (una sorta di concorso interno) fra il personale ministeriale. Ma non succederà prima del primo trimestre 2019, perché prima devono essere conclusi altri due interpelli. Insomma, c’è una lista di attesa che deve essere svuotata. Soltanto dopo, e salvo ritardi o ricorsi, partirà l’iter per Bollate. Che prevede una procedura pubblica, la presentazione delle candidature, la valutazione dei titoli e l’assegnazione dei punteggi ai candidati, i colloqui e, infine, la graduatoria finale. Tradotto: la nomina arriverà (forse) “entro la fine dell’anno prossimo”.

La lettera aperta di un detenuto
“Caro direttore, conti su di noi”. Si intitola così la lettera aperta pubblicata su CarteBollate e scritta da un detenuto pensando al futuro direttore del carcere. “Noi tutti vorremmo che lei portasse avanti il lavoro dei suoi predecessori, che non si facesse influenzare dalla metodologia di lavoro del carcere dal quale proviene, qualunque esso sia, e non si lasciasse intimorire dalla visione di una custodia attenuata”, si legge nel testo. “Venga nelle nostre stanze a vedere come viviamo, venga ai nostri colloqui per vedere come ci rapportiamo con i nostri familiari, venga a vedere dove e come studiamo, lavoriamo o passiamo il nostro tempo libero”. Un invito che ancora non potrà essere accolto. Ma che ha un obiettivo chiaro: “Insieme possiamo far crescere il progetto Bollate ed esportarlo in tutti gli altri istituti per dimostrare all’Italia che tutti meritano una seconda possibilità nella vita”.

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