La proprietà turca della Pernigotti precisa che “né il marchio né la società, allo stato attuale, sono in vendita”. All’indomani dell’incontro a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, il ministro del Lavoro Luigi Di MaioZafar Toksoz che, con il fratello, possiede la storica azienda dolciaria di Novi Ligure, la strada delineata è un’altra: la proprietà ha accolto la proposta del governo di sospendere la richiesta di cassa integrazione per cessata attività, fino al 31 dicembre, per lavorare sulla reindustrializzazione del sito produttivo in provincia di Alessandria. Con Di Maio che su Facebook promette: “Agli operai verrà garantita la cassa integrazione” e aggiunge che presto “faremo un nuovo tavolo delineare una strada che garantisca la dignità dei lavoratori e anche dello storico marchio”.

L’azienda in un comunicato spiega di aver “confermato la decisione di cessare la conduzione in proprio delle attività produttive presso il sito di Novi Ligure e l’intenzione di terziarizzare in Italia la produzione, preferibilmente individuando partner industriali interessati all’acquisizione o alla gestione degli asset produttivi a Novi”. Nell’incontro a Roma, la Pernigotti “ha inoltre richiesto il supporto del governo affinché favorisca la cessazione del blocco dello stabilimento di Novi al solo fine di consentire ai soggetti potenzialmente interessati di prendere visione degli asset e formulare proposte concrete di acquisizione del polo industriale o di utilizzo in toto o in parte delle sue linee produttive, nell’esclusivo interesse dei lavoratori stessi”, spiega l’azienda.

Dopo l’incontro di lunedì da Palazzo Chigi trapelava soddisfazione per “il lavoro svolto” da Conte e Di Maio, focalizzato “sulla continuità produttiva e alla tutela dei lavoratori”, in presidio permanente davanti allo stabilimento dolciario dallo scorso 6 novembre, quando la proprietà turca aveva avanzato richiesta di cassa integrazione per cessazione d’attività. “Nei prossimi mesi l’esecutivo lavorerà a una norma – ha spiegato il governo – per vincolare in futuro i marchi storici italiani e le relative produzioni al territorio nel quale vengono realizzati. Un ulteriore passo verso la valorizzazione del made in Italy“, si legge in una nota. Per i cento dipendenti di Novi Ligure e l’intero indotto dell’azienda, che conta per altro circa 130 interinali, si tratta giusto di una boccata d’ossigeno, in attesa di possibili nuovi scenari per lo storico marchio di gianduiotti e cremini.

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