Serviva la vicenda di Corleone per riportare il tema “mafia” nell’agenda politica di questo Paese. E già questo è elemento preoccupante, perché nel silenzio la mafia ha sempre prosperato. E continuato a fare affari, a infiltrarsi, a gestire appalti.

Eppure in questi mesi i segnali non mancano, e sono tutti preoccupanti. Il comune di Castelvetrano è commissariato dopo lo scioglimento per mafia, Vittoria – un centro del ragusano importantissimo che ospita uno dei principali mercati ortofrutticoli d’Italia – ha pochi mesi fa subito la stessa sorte. A San Cipirello, nel palermitano, sono già arrivati gli ispettori della prefettura per indagare su possibili infiltrazioni mafiose. E a Misterbianco, grande centro in provincia di Catania, è stato arrestato il vicesindaco accusato di essere lo strumento con cui le cosche locali mettevano le mani sugli appalti e i fondi del comune. E sono solo gli ultimi casi.

Amministrazioni civiche, candidati del M5s, di sinistra o di destra per le cosche il “non esiste più la destra o la sinistra” è stato uno slogan adottato ben prima che diventasse di moda. Quello che appare certo, comunque, è che la mafia non ha mai rinunciato, anche riponendo per ora le pistole, a mettere le mani negli uffici dei comuni. E di conseguenza negli appalti e nel controllo della vita amministrativa degli enti locali. Piccoli, medi e grandi.

Il lavoro dei commissari, come quello svolto a Corleone, serve per mettere ordine e per far emergere tutte le criticità. Ma se non viene accompagnato da un modo rinnovato di intendere la politica rischia di essere solo una parentesi terminata la quale si ricomincia da zero. Ed è qui che l’assenza del tema mafia nell’agenda politica e nel dibattito si fa più pesante e preoccupante. Proprio questa assenza consente, per leggerezza o altro, di poter dare segnali pericolosi come quello di inopportune foto con parenti di boss mafiosi o di candidare uomini e donne, magari, direttamente collegati alle amministrazioni sciolte. Segnale chiaro di continuità, come a dire “beh ora torniamo noi e riprendiamo da dove eravamo rimasti”.

Questa cesura netta tra prima e dopo è un compito della politica, o almeno dovrebbe esserlo. Il senso delle procedure di scioglimento delle amministrazioni, seppur con una legge che da tempo andrebbe rivista, è quello di consentire alla politica di operare un rinnovamento. Ma questo non viene, con lodevoli eccezioni, mai fatto. E si ricomincia la giostra di appalti, favori, controlli e inquinamento.

Intanto di mafia si parla sempre meno. Il ministro degli interni risolve con due tweet quando magistratura e forze dell’ordine compiono qualche operazione ma si guarda bene da fornire un’analisi accurata o una strategia complessiva di contrasto. Le forze politiche, quando proprio non possono farne a meno, intervengono sempre dopo l’arresto, dopo l’inchiesta dei giornali, dopo il fatto eclatante. E nel silenzio, spesso imbarazzato, la mafia prospera. Non solo in Sicilia.

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