Se vi capita spesso di non ricordare dove avete lasciato lo smartphone Android, probabilmente saprete che da tempo è disponibile l’app Google Trova il mio dispositivo. È semplice: permette di localizzare un prodotto Android su una mappa, di bloccarlo finché non lo si recupera e di farlo suonare per individuarlo facilmente. Finora questa utile applicazione funzionava bene all’esterno, non altrettanto all’interno degli edifici.

L’ultimo aggiornamento spazza via parzialmente questo limite, con il supporto per le mappe interne. Non funziona come la navigazione in esterno, dove le mappe sono generate usando i dati provenienti dai satelliti. Si appoggia a uno standard di comunicazione noto con la sigla 802.11mc, che è supportato dal sistema operativo Android 9. Si tratta di uno standard sviluppato appositamente per tracciare la posizione di un dispositivo all’interno di edifici. La sua funzione è generalmente indicata come RTT, acronimo di “Round Trip Time” ed è funzionale alla mappatura di interni. Per ora con “interni” si intende grandi edifici come aeroporti, centri commerciali, stadi, musei, ospedali e via dicendo. Speriamo che un giorno funzioni anche in casa, dove forse capita più spesso di non ricordare dove si è appoggiato il telefono.

Come funziona RTT. In estrema sintesi, traccia la posizione del prodotto Android misurando il tempo che intercorre fra tra l’invio di un pacchetto di dati e la sua ricezione da parte del dispositivo. Va da sé che più sono i “punti di accesso” all’interno di un edificio, più precisa sarà la posizione indicata. Quello che serve perché questo metodo funzioni è che i gestori o proprietari di un edificio installino una serie di punti di accesso (dispositivi di rete, router) compatibili anche con RTT, oltre che con tutti gli altri standard di comunicazione Wi-Fi. A livello professionale esistono già, mentre quelli indirizzati ai consumatori arriveranno in commercio da fine anno. Ecco perché adesso localizzazione dello smartphone in casa vostra non funziona, ma in futuro potrebbe.

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