di Martina Costantino *

Chi di noi non si è mai affidato a Tripadvisor prima di scegliere il ristorante dove andare a mangiare con gli amici, nella propria città o in viaggio? O prima di decidere l’albergo, il b&b, l’ostello dove andare a dormire quando si è fuori porta, in Europa o dall’altra parte del mondo? Per moltissimi della comunità web, il gufetto con gli occhi uno rosso e uno verde è un vero e proprio punto di riferimento, una sorta di enciclopedia condivisa e sempre aggiornata. Se quindi i clienti di tutto il mondo usano consultare il simpatico gufo, gli esercenti tengono molto a ciò che di loro si dice sulla piattaforma, traendo vantaggi o svantaggi non indifferenti da buone o cattive recensioni.

La ragion d’essere di un sito come Tripadvisor è quella di raccontare la verità. Chi usa consultarlo, infatti, continua a farlo solo se sa di potersi fidare del giudizio di valore espresso da chi è “passato” prima di lui. In teoria, chiunque scelga di esprimere la propria opinione sulla piattaforma a proposito di un determinato luogo sarebbe quindi tenuto a condividere l’esperienza in modo sincero e disinteressato. Tuttavia, nella pratica, le cose potrebbero andare diversamente. È infatti nato un vero e proprio mestiere che consiste nel vendere pacchetti di recensioni agli esercenti in modo da garantire loro una buona reputazione sul web. I pacchetti sono solitamente alla portata di tutti: poche centinaia di euro per avere una serie di recensioni false. Dichiarare il falso però è sempre un rischio. In questo caso che tipo di rischio? In cosa si può realmente incorrere? E soprattutto, chi ne è veramente consapevole?

Il mondo web è sottovalutato dai molti che non si rendono conto dei pericoli e dei reati che ogni giorno si possono consumare. Per questo motivo è necessaria una particolare attenzione. L’invito è rivolto, ad esempio, a chi – a partita Iva – ha un’attività commerciale o professionale magari in calo, o a chi ha appena generato la propria start-up e vorrebbe vederla decollare. Ma anche a chi, magari ancora studente, voglia arrotondare senza troppo sforzo. Infatti, se una sedicente società di servizi internet si propone di vendere un pacchetto di recensioni che porteranno grandi vantaggi al ristorante, al bed & breakfast, al locale o – più in generale – all’attività e/o servizio che offrite, state in guardia. Il medesimo consiglio, peraltro, è rivolto a chi ha ricevuto la proposta di scrivere recensioni false in cambio di alcune decine di euro a testo.

Vendere falsi feedback sui social media può far scattare un procedimento penale. A denunciare potrebbe essere un commerciante concorrente sospettoso o la stessa piattaforma su cui è stato inserito il testo, così come è avvenuto nel caso deciso lo scorso giugno dal Tribunale di Lecce. I giudici, con una delle prime sentenze sul tema, hanno stabilito che scrivere recensioni false nascondendosi dietro false identità è un reato. Si tratta di “sostituzione di persona” ex art. 494 cod. pen. Il caso riguardava il proprietario di un portale di promozione turistica che vendeva pacchetti di recensioni false ai business dell’ospitalità in Italia. La segnalazione è partita da Tripadvisor, costituitosi poi parte civile nel processo. Le indagini sono state condotte dalla polizia postale, in grado di recuperare l’ID di connessione a Internet tramite il quale veniva attuata la truffa.

La causa è terminata con una condanna per il proprietario del portale a nove mesi di carcere e al pagamento di 8mila euro tra spese legali e risarcimento danni. “Le truffe su recensioni a pagamento – aziende o individui che ‘vendono’ recensioni false a proprietari di business – sono una violazione della legge in numerose giurisdizioni, ma questo è uno dei primi casi di esecuzione di una sentenza che ha portato a una condanna penale”, così si legge nella nota della famosa Community web. Secondo i giudici una siffatta condotta viola non solo le regole civilistiche della piattaforma, ma genera anche un ingiusto profitto a discapito degli altri. A rischiare però non è solo chi fa recensioni non veritiere positive, ma anche chi lascia opinioni negative senza una giustificazione. Queste ultime, infatti, possono essere causa di querela per diffamazione aggravata perché attuata mediante Internet.

Brad Young, Vp, Associate General Counsel di TripAdvisor ha dichiarato: “Crediamo che si tratti di una sentenza storica per Internet. Scrivere recensioni false ha sempre rappresentato una violazione della legge ma questa è la prima volta che, come risultato, il truffatore è stato mandato in prigione”. Che la sentenza del Tribunale di Lecce riesca a essere un monito (e un invito all’onestà, alla correttezza e alla lealtà) per tutti coloro che si interfacciano con il mondo web – che siano lavoratori autonomi, commercianti navigati o da poco sul mercato, o ancora giovani fondatori di start-up? Non lo sappiamo, ma di certo lo speriamo.

* Ho frequentato l’Università Commerciale L. Bocconi e sono da sempre appassionata alle tematiche inerenti i diritti e la tutela dei lavoratori. Dopo la laurea ho svolto la pratica forense in diritto del lavoro. Da quest’anno sono iscritta al corso di scrittura creativa della Scuola Mohole di Milano, per inseguire il grande sogno di divenire una giornalista.

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