“Prima c’era un atteggiamento negazionista, dicevano che il processo sulla trattativa Stato-Mafia era un processo ‘politico’ quando in realtà destra, sinistra e centro lo avversavano. Si scriveva come fosse una ‘boiata pazzesca’. Poi, dopo la sentenza che ha condannato politici e mafiosi, è calato il silenzio. Il motivo? Era una sentenza scomoda, sono state dimostrate le diffuse omertà istituzionali”. Così il pm Nino Di Matteo, protagonista dello stesso processo, presentando insieme al giornalista e co-autore Saverio Lodato, il nuovo libro “Il Patto sporco”, edito da Chiarelettere.

Nelle pagine del libro vengono ripercorse le tappe del processo: “Non sempre Stato e Cosa Nostra sono state in conflitto, spesso hanno instaurato la via del dialogo, del compromesso”, ha sottolineato Di Matteo. Così, mentre uomini dello Stato come i giudici Falcone e Borsellino, ma non solo, perdevano la vita nella stagione delle stragi e delle bombe, c’era chi, sempre in nome dello Stato, al contrario dialogava e veniva a patti con il nemico. “Non ne parla nessuno, ma i giudici di Palermo hanno scritto che ‘può ritenersi provato che il generico progetto di uccidere Borsellino subì un’improvvisa accelerazione proprio nei giorni precedenti alla strage di via D’Amelio‘. Trattativa e stragi sono messe in stretta correlazione. Ma di questo non si parla perché altrimenti si dovrebbe parlare della sparizione dell’agenda rossa, si dovrebbe partire dalle vere cause e dai veri responsabili del depistaggio, che parte nel momento in cui dalla borsa di Paolo Borsellino qualcuno sottrae la stessa agenda rossa”, ha aggiunto Di Matteo, presentando il libro a Roma, insieme allo stesso Lodato, al direttore de “Il Fatto Quotidiano” Marco Travaglio e al regista Pif.

Ma non solo: “La trattativa continuò anche con il governo Berlusconi, con Dell’Utri (tra i condannati nel processo Stato-mafia, ndr) rappresentò allo stesso Berlusconi le richieste mafiose. Quel governo, pur non riuscendoci, si adoperò per accontentare alcune di quelle richieste: questo lo scrivono i giudici nelle motivazione della sentenza”, ha ricordato Di Matteo.

“Mai siamo stati così vicini a completare un percorso di verità. Mancano alcuni passi, da quella sentenza si deve ripartire. Ma il silenzio dopo la sentenza mi fa pensare che questo Paese ha una voglia insana di archiviare quella pagina buia del suo recente passato”, ha concluso Di Matteo.

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