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Gioachino Rossini, 150 anni senza “Cigno”. Ma la musica della star dell’opera scoppia di salute in tutto il mondo

Il 13 novembre del 1868 moriva vicino a Parigi la più grande stella dell'opera della prima metà dell'Ottocento: sagace, ironico, amante della cucina, vivace come la sua musica irresistibile, è stato il primo vero compositore-divo, autore della musica "pop" del suo tempo tanto da dividere i fan tra sfegatati sostenitori e acerrimi anti-rossiniani. Che provocarono (apposta) il fiasco più di successo della storia: il Barbiere di Siviglia, che oggi è una delle opere più rappresentate nei teatri di tutto il pianeta

di Fabrizio Basciano

Sagace, ironico, amabilmente vivace come la sua irresistibile musica, ci lasciava oggi, centocinquanta anni fa, la più grande stella dell’opera della prima metà dell’Ottocento, Gioacchino Rossini. Un vero e proprio Napoleone della musica, come ebbe a definirlo uno dei suoi più celebri fan, Stendhal. Rossini – nato a Pesaro nel 1792 e morto vicino a Parigi nel 1868 – ha saputo coniugare l’incredibile dote creativa con l’eccessiva mole produttiva: 5 opere scritte solo nel 1812, 33 composte e rappresentate in 13 anni, dal 1810 al 1823. Una inarrestabile scalata verso l’imperitura celebrità che lo ha visto conquistare, fra gli altri, il più grande e rinomato teatro dell’epoca, il San Carlo di Napoli. Primo vero compositore-divo della storia, primo a venire accolto nelle più grandi corti europee con celebrazioni degne di principi e re (così da suscitare moti di profondo astio persino nelle cerchie beethoveniane), la fama di Gioacchino Rossini è stata tale da creare nel pubblico divisioni più propriamente tipiche della musica pop: da una parte i rossiniani, infaticabili seguaci del cigno pesarese, dall’altra gli anti-rossiniani, come quelli che il 20 febbraio del 1816 si precipitarono alla prima assoluta del Barbiere di Siviglia, inizialmente presentato col titolo di Almaviva, o sia l’inutile precauzione, e di tutto fecero perché quell’evento si trasformasse in un vero e proprio flop. E così fu, salvo poi prendersi una sonora rivincita fin dalla prima replica di quella che sarebbe diventata l’opera più rappresentativa del suo intero repertorio melodrammatico e tra le più rappresentate, oggi, nel mondo.

Ciononostante la fama di Rossini subì un duro colpo dovuto al mutare delle mode e – anche se oggi sembra anomalo – la seconda metà dell’Ottocento ha letteralmente consegnato all’oblio quasi tutte le sue opere. Tutte tranne due: il Barbiere e il Guglielmo Tell, perennemente rimaste nei cartelloni di tutti i più grandi teatri italiani e internazionali. Un vero e proprio rinascimento, quello detto propriamente rossiniano, è dovuto intervenire a partire dalla seconda metà del Novecento, ad opera di grandi musicologi e insigni musicisti (tra gli altri Claudio Abbado, ma anche Philip Gossett e Claudio Scimone) per restituire il più grande dei conquistatori musicali alle scene di tutti i migliori palchi del mondo.

Amatissimo in vita dal suo pubblico, Rossini è stato altrettanto amato dai suoi amici, tanti e costantemente presenti nella sua copiosa corrispondenza, proprio dalla quale veniamo a conoscenza del suo lato goliardico, di quello virtuoso, di quello, forse ancora più iconico, infaticabile amante della buona cucina: “Non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni. Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia di champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto è un pazzo”.

Diverse altre sono le lettere in cui il Cigno di Pesaro esprime il suo punto di vista in questioni più professionali, cioè musicali: “Gia Haydn aveva cominciato a corrompere la purità del gusto (…) ma dopo di lui Cramer, e finalmente Beethoven colle loro composizioni prive di unità, e di naturalezza, ridondanti di stranezze e di arbitri, corruppero intieramente il gusto della musica strumentale. Contemporaneamente Mayer sostituì sul teatro ai modi semplici e maestosi dei Sarti, dei Paisiello e dei Cimarosa le sue ingegnose ma viziose armonie (…) e seguaci della nuova scuola tedesca divennero tutti i giovani compositori di musica per li teatri”.

Oggi, nel 150esimo anniversario della sua morte, Rossini e la sua musica vengono celebrati in ogni angolo del mondo, e tante fino a fine anno sono ancora le prestigiose iniziative in programma: la splendida Petite messe solennelle diretta il 15 novembre da Anton Maksimov al Conservatorio di San Pietroburgo; il Barbiere in programma fino al 18 al Michigan Opera Theatre di Detroit e fino al 21 dicembre allo Staatstheater di Norimberga; Le Comte Ory che andrà in scena all’Ekaterinburg State Academy Opera il 4 dicembre; Il viaggio a Reims nel nuovissimo allestimento del Teatro Bolshoi di Mosca dal 12 al 16 dicembre e molti, moltissimi altri appuntamenti internazionali oltre a quelli, ovviamente e copiosamente, italiani. Rossini, dunque, vive e gode di ottima salute, e la sua musica ancora oggi affascina le platee di tutto il mondo.

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