La Corte d’appello di Milano ha ridotto da 2 anni a 1 anno e 9 mesi la condanna di Diana Bracco, ex vicepresidente di Confindustria ed ex presidente di Expo 2015 spa, che era accusata di frode fiscale e appropriazione indebita in qualità di presidente del cda della Bracco spa. In particolare, infatti, una parte dell’imputazione fiscale è stata cancellata in secondo grado dalla prescrizione, mentre da quella di appropriazione indebita Bracco è stata prosciolta per mancanza della querela da parte della società e sulla base delle nuove norme.

La Procura di Milano contestava all’industriale una presunta frode fiscale da circa 1 milione di euro che sarebbe stata da lei realizzata abbattendo l’imponibile attraverso fatture inesistenti per spese personali, come la manutenzione di una barca o di case in località turistiche, fatte confluire sui bilanci delle società del gruppo. Il difensore di Bracco, l’avvocato Giuseppe Bana, sottolineando “l’importante riduzione della pena”, ha chiarito che ci sarà ricorso in Cassazione. La seconda sezione della Corte d’appello, presieduta da Guido Piffer, ha accolto le richieste di condanna formulate dal sostituto pg Gaetano Santamaria Amato anche per Marco Isidoro Pollastri e Simona Adele Calcinaghi, titolari dello studio di progettazione Archilabo di Monza e architetti di fiducia dell’industriale, condannati in primo grado a 1 anno e 6 mesi e oggi a 1 anno e 3 mesi per effetto sempre della prescrizione e delle nuove norme sull’appropriazione indebita. Il presidente del Cda della Bracco Real Estate Srl, Pietro Mascherpa, aveva già patteggiato in passato davanti al gup una multa da 45mila euro.

Il 19 ottobre del 2016, il giudice Giorgia Carbone aveva condannato Bracco a 2 anni per i due reati riconoscendo, comunque, all’imputata, che ha saldato i debiti con l’erario, le attenuanti, la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna. Il pg Santamaria aveva sottolineato nel suo intervento che Bracco ha avuto un “vantaggio per il suo patrimonio personale” e ha “esposto la società a dei costi”, utilizzando “fatture per operazioni inesistenti”, tra il 2008 e il 2013, e scaricandole sui “bilanci”. Per l’accusa di frode fiscale, però, “l’annualità del 2008 si è già prescritta in primo grado e quella del 2009 in secondo grado”, ha precisato il pg, così come riconosciuto stamani dalla Corte. In più, il magistrato ha spiegato che con le nuove norme sull’appropriazione indebita questo reato è procedibile solo a querela di parte, che non c’è stata da parte della società. Anzi, ha spiegato Santamaria, “Bracco, dopo l’emergere dei fatti, ha versato 4 milioni di euro alla società e questo le giova anche per ottenere l’assoluzione da quel capo di imputazione per improcedibilità”. Oggi, infatti, i giudici hanno disposto il “non doversi procedere” per questa imputazione. Per gli altri due imputati si è prescritta la contestazione fiscale su fatture emesse tra il 2009 e il 2010.

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