Le stime del governo gialloverde sono troppo ottimistiche. Il prossimo anno il deficit/pil non si fermerà al già troppo alto 2,4% messo nero su bianco nel Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles a metà ottobre, ma salirà al 2,9 per cento. E nel 2020, immaginando che le clausole di salvaguardia sull’Iva vengano come sempre disinnescate, supererà il tetto del 3% previsto dal Patto di stabilità arrivando al 3,1. Quanto al debito pubblico, dopo essere lievemente calato al 131,1% del pil a fine 2018 (dal 131,2% di fine 2017), nel 2019 passerà al 131% ma nel 2020 tornerà a salire al 131,1%. È quello che emerge dalle previsioni d’autunno della Commissione Ue, nuova tappa del confronto tra Roma e Bruxelles destinato a questo punto – a meno di modifiche in extremis ai numeri della manovra – a sfociare già a dicembre in una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo. Questo perché anche il deficit strutturale, parametro in base a cui si calcola lo sforzo per ridurre il debito, è dato in forte aumento: dall’1,8% del pil di quest’anno sale al 3% nel 2019 e al 3,5% nel 2020.

I rapporti risultano più alti rispetto a quanto previsto dal governo perché, secondo la Ue, la crescita del prodotto interno lordo sarà molto inferiore rispetto alle speranze dell’esecutivo: anzi, l’Italia si confermerà ancora una volta ultima per crescita in Europa sia nel 2018 sia nel biennio successivo, quando la prima legge di Bilancio firmata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria dispiegherà i suoi effetti. Quest’anno, secondo Bruxelles, il pil crescerà dell’1,1% (frenando rispetto al +1,6% del 2017). Nel 2019 la crescita sarà solo dell’1,2% e nel 2020 dell’1,3%. Il governo come è noto punta l’anno prossimo a un +1,5%, ritenuto troppo ottimistico da analisti e osservatori internazionali, e nel 2020 a un +1,6 per cento.

Nel frattempo anche il Fondo monetario internazionale, nel suo Regional economic outlook per l’Europa, ha confermato le proprie previsioni che sono ancora peggiori di quelle Ue: danno il pil italiano all’1,2% nel 2018, all’1% nel 2019 e allo 0,9% nel 2020. L’Fmi lancia anche l’allarme sul rischio contagio dalla Penisola al resto dell’Eurozona: “I rendimenti dei bond sono saliti ai massimi da quattro anni a causa delle difficoltà a formare un governo e delle incertezze politiche. Finora il contagio ad altri mercati è stato contenuto ma c’è una considerevole incertezza e il contagio da futuri stress potrebbe essere notevole soprattutto per le economie con fondamentali macroeconomici più deboli e limitati cuscinetti di bilancio”.

Moscovici: “Tutti i ministri dell’Eurozona sostengono la Commissione nel giudizio su Roma” – Il commissario europeo agli Affari Economici Pierre Moscovici ha spiegato che le stime “divergono” principalmente perché “le nostre proiezioni di crescita sono più conservative e quelle sulla spesa sono più elevate” di quelle del Tesoro “a causa dei costi più elevati” del servizio del debito, dovuti al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato. “Le nostre previsioni sono basate sulle informazioni contenute nel Documento programmatico di bilancio: la situazione potrebbe risultare diversa, ma dipende da che cosa ci manderanno la prossima settimana”. Il ministro Tria entro il 13 novembre deve infatti rispondere alla bocciatura della Commissione presentando un nuovo documento. O, come tutti gli esponenti del governo continuano a ripetere, tirare dritto aprendo appunto la strada alla procedura di infrazione. “Non vedo come sia possibile incontrarsi a metà strada”, ha chiosato Moscovici. “Bisogna che regole siano rispettate”. Dall’Eurogruppo di lunedì scorso, ha sottolineato, è emerso che “tutti i ministri delle Finanze dell’eurozona sostengono l’analisi della Commissione” sulla manovra italiana. “La Commissione non è da sola, non è un’istanza senza sede o una burocrazia senz’anima e quelli sono dei ministri delle Finanze che rappresentano dei popoli“. Il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, che sarà domani a Roma, “porterà la nostra richiesta a nome di tutti i Paesi dell’eurozona”.

Italia ultima per crescita – Nel 2018 l’Italia, con una crescita dell’1,1%, è ancora fanalino di coda dell’Unione europea, dietro anche alla Gran Bretagna in fase di Brexit che chiuderà l’anno a 1,3%. Nel 2019 allo stesso livello di Pil dell’1,2% dell’Italia ci sarà solo Londra, che però a quel punto sarà già fuori dall’Ue. “Dopo una crescita solida nel 2017 l’economia italiana ha rallentato nella prima metà di quest’anno per l’indebolimento dell’export e della produzione industriale – è la convinzione di Bruxelles – Una ripresa degli export e una maggiore spesa pubblica sosterranno la crescita moderatamente ma l’associato rischio nel deficit, assieme ad interessi più alti e considerevoli rischi al ribasso, mette in pericolo la riduzione dell’alto debito”.

“Impatto moderato della manovra e lo spread pesa sul credito” – Per quanto riguarda il 2019, la Commissione crede che i “ritardi nell’implementazione e i colli di bottiglia amministrativi ritardino l’impatto di crescita moderato delle misure” della manovra. Non solo. “La ripresa degli investimenti privati è prevista rallentare per il dissolversi degli effetti della politica monetaria e degli incentivi fiscali e a causa delle imprese che affrontano condizioni di credito più difficili, legate all’impatto dello spread sulla fornitura di credito”. Per questo “le prospettive di crescita sono soggette ad elevata incertezza e ad intensificati rischi al ribasso” e “le misure previste potrebbero rivelarsi meno efficaci” nello spingere il pil. In questo quadro il deficit 2020 è previsto raggiungere il 3,1%, stima che non considera gli aumenti Iva previsti come clausola di salvaguardia, viste le sistematiche disattivazioni decise in passato. L'”impatto ritardato dei tagli fiscali in programma nel 2019 e le maggiori spese per investimenti pubblici saranno solo parzialmente compensati dal rafforzamento delle disposizioni sulla fatturazione elettronica e dagli introiti una tantum della pace fiscale”. Per questo nel 2020 “il disavanzo peggiorerà ulteriormente al 3,5%”.

Disoccupazione in calo al 10,6%. La media dell’Eurozona sarà al 7,9% – Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la Commissione ha previsto “solo un lento miglioramento“, rivedendo leggermente al ribasso le stime della disoccupazione: dal 10,8% nel 2018 previsto la scorsa primavera si scende al 10,7%, e dal 10,6% del 2019 si cala al 10,4%, per poi arrivare al 10% nel 2020. Nell’Eurozona, invece, la disoccupazione continua a calare, per scendere sotto la barra dell’8% nel 2019 (7,9% nei 19 e 7% nei 27) e sotto quella del 7% nel 2020 (7,5% nei 19 e 6,6% nei 27), che sarebbe il livello più basso mai raggiunto dall’inizio delle serie statistiche nel 2000. Per il 2018 il tasso è dell’8,4% nell’Eurozona e del 7,4% nell’Ue. La creazione dell’occupazione invece rallenta, per mancanza di mano d’opera e per una crescita più lenta, con l’1,1% nel 2019 e lo 0,9% nel 2020 nell’Eurozona.

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