“Pure questa è cos’e niente. È sempre cos’e niente. Tutte le situazioni così l’abbiamo sempre risolte. È cos’e niente. Non teniamo che mangiare: è cos’e niente. Ci manca il necessario: è cos’e niente. Il padrone muore e io perdo il posto: è cos’e niente. Ci negano il diritto della vita: è cos’e niente. Ci tolgono l’aria: è cos’e niente, che vvuò fa. Sempre cos’e niente. Quanto sei bella. Quanto eri bella. E guarda a me, guarda cosa sono diventato. A furia di dire è cos’e niente siamo diventati cos’e niente io e te. Chi ruba lavoro è come se rubasse danaro. Ma se onestamente non si può vivere, dimmi, dimmi… vabbuò è cos’e niente. Non piangere, è cos’e niente. Se io esco e uccido a qualcuno è cos’e niente. E se io impazzisco e finisco al manicomio e ti chiedono perché vostro marito è impazzito tu devi dire: è impazzito per niente. È cos’e niente. È niente”.

Lo straordinario, attuale e profetico monologo di Eduardo De Filippo nell’opera teatrale Peppino Girella (1963) che ho riportato all’inizio rende compiutamente più di mille parole la sensazione che oggi si prova ascoltando le parole del portavoce del Presidente del consiglio Rocco Casalino. Il volontario riferimento al grande drammaturgo napoletano è dettato dal tentativo di contestualizzare le parole in libertà del signor Casalino all’interno di un presunto corso teatrale. La distanza siderale tra il contenuto del testo di Eduardo e la volgarità offensiva delle parole dell’ex personaggio del programma di Canale 5 Grande Fratello è davanti a noi con evidenza assoluta.

Se – come evidentemente il signor Casalino dovrà affrettarsi a spiegare – stava utilizzando un linguaggio del genere (su tutto mi duole ricordare il paragone ai ragni delle persone con sindrome di Down) per provare una tecnica di comunicazione basata sul paradosso ha proprio sbagliato. E deve con grande umiltà provare il pezzo recitativo daccapo, chiedendo scusa e cercando di essere convincente con tutte le famiglie che hanno un figlio con la sindrome di Down.

Se invece dietro quelle parole e quei sorrisi ammiccanti alla platea stava esprimendo un convincimento personale, saremmo di fronte ad una condizione paradossale per un Paese con delle istituzioni democratiche. In entrambi i casi la rilettura del testo di Eduardo ci fa piombare in una grande malinconia per come gli attori (perché è di un attore che stiamo parlando nel caso di Casalino) e un certo teatro sono diventati. Una fogna popolata da topi e ragni che fanno ribrezzo. E purtroppo questa non è “cos’e niente”.

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