Duecento migranti hanno sfondato il cordone formato dalla polizia bosniaca al valico di Maljevac, a Velika Kladusa, nel nord-ovest del Paese, e sono entrati in Croazia. Lo riferisce il ministero dell’interno di Zagabria, precisando che le forze dell’ordine croate non sono intervenute in alcun modo. Negli scontri con la polizia almeno due persone sono rimaste ferite. Circa cento migranti sono invece bloccati a Bihac, altra città bosniaca al confine con la Croazia, a bordo di un treno giunto nella notte da Sarajevo. Pur essendo in regola col biglietto, sono trattenuti dalla polizia, che non consente loro di entrare in territorio croato – e quindi nell’Unione europea – né di scendere dal treno, temendo un assembramento.

Come mostrato in un reportage del Fatto.it, da mesi centinaia di profughi sono accampati a ridosso della frontiera a Bihac e Velika Kladusa. Le due città di confine sono trasformate in dormitori per le masse di migranti a cui è impedito l’ingresso: secondo la Croce rossa solo a Bihac si trovano 5mila persone, di cui mille dormono all’aperto. A più riprese, da ieri, alcuni gruppi hanno bloccato la circolazione stradale alla frontiera per protesta contro il no al loro ingresso in Croazia. Per ripararsi dal freddo della notte, i migranti hanno acceso fuochi con la legna recuperata nei boschi.

Negli ultimi mesi è notevolmente cresciuto il flusso di profughi che attraverso la “nuova rotta balcanica” (Albania, Montenegro e appunto Bosnia-Erzegovina) cercano di entrare in Croazia e poi in Slovenia, con l’obiettivo di raggiungere i Paesi più ricchi dell’Unione europea.  La situazione è tesa anche tra gli abitanti: lo scorso weekend nei due centri ci sono state proteste di massa contro i migranti e l’incapacità delle autorità di gestire la situazione. Altri residenti, però, hanno fornito ai profughi panini, tè caldo, coperte e vestiario per proteggersi dalle basse temperature.

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