Vecchi affiliati agli agrigentini Triassi, nuovi “soci” di Spada e Fasciani, prossimi padroni di Ostia. Salvatore Sibio, anziano boss della “Marranella”, i colonnelli Alessandro Pignataro e Fabio Di Francesco e il braccio armato Marco Esposito, detto “Barboncino”, sono fra i 42 arrestati nell’operazione Maverick dai Carabinieri. Un clan vecchio e nuovo allo stesso tempo, il risultato delle riorganizzazione criminale “in continua evoluzione” che sta interessando il litorale romano e che ha portato il procuratore della Dda di Roma, Michele Prestipino, a dire che “è necessaria la costante presenza dello Stato”, anche dopo i recenti arresti ai danni degli “zingari”.

Figura cardine di questa nuova geografia è sicuramente Esposito, noto soprattutto per l’episodio del 15 marzo 2013, quando lui e Ottavio Spada provarono ad uccidersi a vicenda davanti alla sala giochi Italy Poker di Ostia. Lui, che era stato punto di riferimento dei siciliani Vito e Vincenzo Triassi – legati a loro volta alla potente cosca di Cosa Nostra, i Caruana-Cuntrera – nel dicembre 2017 finisce in affari con Roberto Pergola, detto “er Negro” reduce della Banda della Magliana e da anni collaboratore del clan Spada. Una partita di marijuana, secondo i magistrati, a sancire il nuovo rapporto per lo meno di non belligeranza. “In data 14.12.2017 – si legge nell’ordinanza di arresto – Roberto Pergola stabiliva contatti con l’articolazione territoriale capeggiata da Marco Esposito al fine di proporre l’acquisto di un quantitativo non meglio definito di marijuana, fornendo un campione di prova”. Una sorta di “calume’ della pace”, come ripreso dalle telecamere dell’abitazione di Esposito il quale, secondo gli inquirenti, aveva già stipulato “buoni rapporti tra il suo gruppo e soggetti appartenenti o vicini all’organizzazione Fasciani”. Le intercettazioni, infatti, riportano l’episodio nel quale Fabio Caiazzi, debitore di “Barboncino”, chiede l’intercessione di Giorgio Benedetto, affiliato ai Fasciani, per ottenere una ulteriore dilazione dei termini di pagamento, circostanza impossibile se i due fossero stati in guerra.

Ulteriori conferme dei nuovi rapporti gestiti dagli “scissionisti” di Sibio si accertano grazie ai rapporti fra Pignataro e Di Francesco e “quelli del Cappuccino”, Roberto De Santis detto “Nasca” e Roberto Giordani detto “Cappottone”. Su di loro scrivono gli inquirenti: “Sono da ritenersi personaggi tuttora di rilievo nel panorama del crimine organizzato lidense. Gli stessi, nell’ambito delle lotte criminali per il controllo delle attività illecite sul litorale, si rendevano responsabili della gambizzazione di Vito Triassi in data 20 settembre 2007, fatto per il quale hanno scontato una condanna definitiva, rientrando, solo nel recento passato nel territorio di Ostia”. E Pignataro e Di Francesco erano legati ai Triassi, come facilmente rintracciabile nelle operazioni Nuova Alba e Zama. Cosa è cambiato? “Dalla fine del mese di febbraio 2017 venivano captati una serie di sms scambiati tra Pignataro e Di Francesco e tra Di Francesco ed Esposito dai quali, in estrema sintesi, era possibile desumere” che i due avevano “rispetto per il calibro criminale di De Santis e Giordani”. Quando “quelli del Cappuccino” trovano una testa di maiale crivellata di colpi di arma da fuoco gettata all’interno di un ristorante a loro riconducibile, Pignataro e Di Francesco temono – visti i precedenti – di essere ritenuti responsabili dell’atto intimidatorio. Pignataro decide così di incontrare Roberto De Santis il 3 marzo e il 5 marzo 2017. Dal chiarimento, nasce il nuovo “sodalizio”, con la proposta di un “non meglio definito affare”.

Dinamiche in cui la violenza la fa da padrona, ovviamente. Non a caso, l’operazione Maverick nasce dall’inchiesta di un caso di presunto suicidio da parte di un civitavecchiese, Alessandro Cresta, sparatosi al petto il 18 luglio 2016. Cresta era finito nel mirino di Esposito per una partita di droga non pagata, che aveva generato un debito di circa 70.000 euro. “Barboncino” e i suoi arrivano prima a sequestrare il socio di Cresta, Mirko Staffa: “Ieri questi de Ostia m’hanno massacrato de botte, volevano staccarmi i denti con le pinze e mi hanno menato in testa con il calcio della pistola”, riferirà all’amante di Cresta, prima che questi venisse ritrovato morto.

Articolo Precedente

Voluntary discloure, il procuratore Greco: “La Lombardia è la terra degli evasori”

next
Articolo Successivo

Bagheria, a processo il sindaco Patrizio Cinque con altre 23 persone

next