Esordisce ammonendo il suo pubblico a non cedere all’odio, ma poi si toglie tutti i sassolini dalle scarpe: nel suo discorso di chiusura, alla nona edizione della Leopolda, Matteo Renzi non risparmia nessuno. Le prime battute sono sulla mancata laurea di Salvini e di Di Maio, poi si sfoga sul “manganello web” del M5s e della Lega: “L’odio fa tanto male. Ci hanno buttato addosso quintali di fango non ci hanno sporcato l’anima, ma ci hanno fatto male. Non si risponde all’odio con l’odio, perché l’odio è un boomerang clamoroso che tornerà in faccia a costoro, porterà i giacobini sul patibolo, come è sempre stato nella storia negli ultimi 10 secoli. E noi, dopo la sconfitta del 4 marzo, abbiamo continuato a fare politica, non abbiamo ceduto al rancore, all’ideologia, alla rabbia. Siamo nei tempi in cui si definisce élite anche uno che per sbaglio ha letto un libro, perché bisogna investire nell’ignoranza anziché sulla conoscenza”.
E difende la sua linea: “Noi abbiamo detto di no al governo Pd-M5s non per i popcorn, ma pensiamo che politica sia passione, idealità, valori e non poltrone. C’era un disegno culturale di quelli che ci invitavano a romanizzare i barbari e a civilizzare i grillini: trasformarci in piccoli alleati saggi del M5s e pensare che l’ala più razionale della destra dovesse fare altrettanto con Salvini, per arrivare a un bipolarismo populista. E quel disegno era sostenuto da personalità di indubbio rilievo politico, economico, culturale”.

Poi spiega, citando anche il referendum del 4 dicembre 2016: “E guardate che quell’accordo tra Pd e M5s sarebbe stato molto vantaggioso per le poltrone. Ma dobbiamo avere la forza e il coraggio di dire che la politica non si riduce a uno scambio di nomine. Fin dagli inizi del mio governo pezzi importanti di establishment hanno sostenuto le opposizioni. Ci sono stati autorevolissimi giuristi che improvvisamente si sono innamorati del Cnel e oggi stanno zitti di fronte agli attacchi ai magistrati, alla delegittimazione dell’opposizione, a un governo che non riesce nemmeno a fare un decreto. A dire di no a quel referendum furono l’Economist, pezzi del sistema economico finanziario, oltre che politico. Quindi, i barbari li hanno già romanizzati da tempo”.

E aggiunge: “Il guru di Luigi Di Maio è Enzo Scotti, un ex ministro democristiano, lo chiamavano Tarzan per la facilità con cui passava da una corrente all’altra della Dc. Ha fondato la Link University, che è stata sostenuta dal governo Berlusconi, è il vero punto di riferimento di pezzi della classe dirigente”.

Renzi rifila una stoccata a chi lo ha tacciato di avere un brutto carattere: “E’ una barzelletta questa storia del mio carattere. Nel 2016 grazie al mio carattere è stata approvata la Brexit nel Regno Unito. Qualche mese dopo, grazie al mio carattere, Trump ha vinto le elezioni negli USA. Successivamente, grazie al mio carattere, i socialisti olandesi sono scesi sotto il 5%. E per colpa del mio carattere i socialisti francesi sono arrivati al 6%, fino all’evidente ruolo del mio carattere nella debacle elettorale dei socialdemocratici in Baviera, dove sono scesi sotto il 10%. Magari fosse il mio carattere il problema. Si risolverebbe rapidamente” – prosegue – “L’ondata populista di destra demagogica non nasce dal carattere di uno di Rignano. Nasce da un fenomeno culturale che va affrontato, altrimenti non vinceremo mai più. Lo capite questo o no, cari amici che criticare il mio carattere? Lo dico con forza perché queste critiche sono venute anche da compagni di strada, che non hanno avuto niente da dire sul mio carattere fintanto che, grazie a quel carattere, stavano a fare i ministri. All’improvviso, quando è finito tutto, si sono accorti che il problema era il mio carattere”

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