Esiste una linea invisibile che collega la città di Lodi ad altre città della Lombardia. Comuni grandi e piccoli, molti a trazione leghista. Tutti hanno adottato lo stesso provvedimento per l’accesso ai servizi scolastici e sociali, quello che obbliga le famiglie straniere extra comunitarie a presentare, oltre all’Isee, un certificato sul possesso di immobili o beni rilasciato dal proprio Paese di provenienza. Pena: la perdita delle agevolazioni per la mensa scolastica dei figli. Proprio come il regolamento di Lodi finito sotto i riflettori in questi giorni.

A Vigevano, più di 60mila abitanti in provincia di Pavia, la delibera è stata firmata dal sindaco Andrea Sala è del 2015. Ma il “caso mense”, con bambini rimasti senza pasto caldo e costretti a mangiare il panino preparato a casa lontano dai compagni, è scoppiato ancora prima, nel 2011. “Noi siamo nelle stesse condizioni dei cittadini di Lodi da almeno 7 anni” racconta Iole Barettoni, 90 anni sulle spalle e un presente come attivista nell’associazione”Articolo 3 vale anche per me“. Una realtà nata proprio per finanziare, grazie a donazioni private, la mensa ai bambini che non possono permettersela o che non hanno le possibilità economiche per sostenere la tariffa massima. A Vigevano, infatti, la giunta leghista prima ha rimodulato le fasce Isee, riducendo al minimo il numero delle famiglie con diritto all’esenzione totale. Poi ha impedito l’accesso a chi supera 120 euro di debito: sopra quella soglia tutti i componenti della famiglia vengono esclusi dal servizio mensa. E infine ha introdotto l’obbligo del documento per le agevolazioni. “Noi diamo un contributo per ridurre il debito, e far sì che non si raggiunga mai il limite di 120 euro. Diamo una mano a tutti, stranieri e italiani in difficoltà, senza differenza. Ci siamo autotassati, per esempio, per aiutare una coppia di genitori a recuperare in Marocco la carta che chiedeva il Comune. Senza quel certificato il figlio disabile sarebbe stato tagliato fuori dall’assistenza”. Solo l’anno scorso l’associazione ha pagato il pasto a più di 70 bambini, e a 20 nei primi venti giorni del nuovo anno scolastico. Tra i casi denunciati da “Articolo 3” c’è anche quello di un bambino boliviano: i parenti della mamma abitano nella foresta sudamericana e per questo la famiglia non riesce a procurarsi il certificato.
Da mesi l’Asgi, l’Associazione per gli studi sull’immigrazione, sta raccogliendo segnalazioni da diversi comuni d’Italia, così da realizzare un monitoraggio costante proprio su questo tema. In molti casi ha promosso azioni legali e sostenuto ricorsi. Quello contro il comune di Palazzago, in provincia di Bergamo, verrà discusso a dicembre. Qui il sindaco ha applicato il regolamento sullo stile di quello di Lodi anche per l’accesso ad altre prestazioni, come l’assegno per le famiglie numerose o quello di maternità. “Non è solo una questione di mense – spiega Alberto Guariso di Asgi- bisogna arrivare alla cancellazione delle delibere. È un problema generale, che non si può risolvere una tantum”. Il principio da ristabilire, secondo l’Asgi, è d’uguaglianza non solo tra italiani e stranieri, ma anche tra cittadini italiani. “Nel 2013 un decreto stabilisce criteri uniformi su tutto il territorio nazionale per l’accesso alle prestazioni sociali”. Dunque, “nessun comune può decidere secondo proprie regole chi è ricco e chi è povero, imponendo documenti aggiuntivi all’Isee”. Insomma, la valutazione si può fare solo con l’Isee. “I sindaci dicono di riferirsi a un decreto del presidente della Repubblica del 2000, ma sbagliano. Perché quello non riguarda le prestazioni sociali”.
Oltre a Palazzago, l’Asgi segnala anche i casi di Castel Covati, in provincia di Brescia, amministrato da una giunta leghista, e di Lentate sul Seveso (Monza e Brianza) a guida centrodestra. Ma nella lista troviamo anche San Giuliano Milanese e Melegnano. In quest’ultimo il sindaco porta la bandiera Pd. “Analoghe previsioni sono contenute in atti di associazioni di comuni, come l’Azienda sociale sud-est Milano”. C’è poi una delibera di giunga della Regione Lombardia, che un anno fa ha invitato le Asl a uniformarsi al regolamento e una legge della Regione Veneto, che impone agli stranieri l’obbligo di procurarsi il certificato del proprio Paese d’origine per ottenere il contributo regionale sull’acquisto di testi scolastici
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